E’ stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione promosso dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione con cui, in appello, era stata dichiarata l'estinzione dei crediti oggetto di otto cartelle esattoriali.
Questo, in considerazione dell’intervenuta prescrizione quinquennale maturata tra la notifica delle cartelle medesime e quella dell'intimazione di pagamento per il recupero coattivo dell'importo complessivamente richiesto.
L'Agenzia delle Entrate aveva promosso ricorso davanti alla Suprema corte lamentando una violazione di legge, nella parte in cui la sentenza impugnata aveva applicato il termine di prescrizione di cinque anni piuttosto che quello ordinario decennale, pur trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate dal debitore.
Censure, queste, giudicate inammissibili dalla Sesta sezione civile della Cassazione, con ordinanza n. 17761 del 25 agosto 2020.
I giudici di Piazza Cavour hanno precisato come le sottese questioni di diritto fossero state decise dalla Corte territoriale in modo conforme alla consolidata elaborazione giurisprudenziale nonché, in particolare, al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 23397/2016.
La scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento - è stato così ribadito - pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce solamente l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo ma non determina anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 del Codice civile.
Disposizione, quest’ultima, che si applica esclusivamente nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.
Tale principio è stato ritenuto valere anche per l'avviso di addebito dell'INPS, sostitutivo della cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale, di tal ché, in linea con il richiamato principio, è stato successivamente affermato (Cass. n. 31352/2018): “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell'Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell'irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l'esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all'art. 2946 c.c.”.
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