Corte Ue: parità di trattamento sugli assegni familiari

Pubblicato il 25 novembre 2020

La Corte di Giustizia ha depositato oggi, 25 novembre 2020, due sentenze aventi ad oggetto la normativa italiana in tema di calcolo dell’assegno per il nucleo familiare.

Prestazioni sociali, diritto alla parità di trattamento 

Con sentenza pronunciata in riferimento alla causa C‑302/19, i giudici europei hanno risposto ad una domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE “relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro”.

Assegno a familiari non residenti di titolare di permesso unico

Detta domanda era stata avanzata nel contesto di una causa tra l’INPS e un cittadino di paese terzo, titolare di un permesso unico di lavoro.

Questi si era visto rigettare una domanda di assegno familiare per i periodi durante i quali la moglie e i figli avevano risieduto nel loro paese terzo di origine.

Era stata la Corte di cassazione a decidere di sospendere il procedimento e chiedere alla Corte Ue di chiarire se, alla luce dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della menzionata direttiva e del principio di parità di trattamento tra titolari di permesso unico di soggiorno e di lavoro e cittadini nazionali, la legislazione italiana in materia fosse legittima.

I giudici europei hanno reso la corretta interpretazione della normativa Ue richiamata, sottolineando come essa osti a una normativa nazionale come quella in esame, in forza della quale, “ai fini della determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza sociale, non vengono presi in considerazione i familiari del titolare di un permesso unico che risiedano non già nel territorio di tale Stato membro, bensì in un paese terzo, mentre vengono presi in considerazione i familiari del cittadino di detto Stato membro residenti in un paese terzo”.

Assegno ai familiari del soggiornante di lungo periodo

L’altra decisione, pronunciata in relazione alla causa C‑303/19, aveva ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.

La domanda era stata sollevata nell’ambito di una controversia tra l’INPS e un cittadino di paese terzo, occupato in Italia e titolare di un permesso di soggiorno di lunga durata, in riferimento al rigetto di una domanda di assegno familiare per il periodo durante il quale la moglie e i figli avevano soggiornato nel loro paese terzo di origine.

Anche in questo caso era stata la Suprema corte a sospendere il procedimento e a sottoporre ai giudici europei la questione relativa alla corretta interpretazione della direttiva 2003/109.

E anche in tale vicenda, la Corte di giustizia ha concluso per la contrarietà della disciplina italiana rispetto alle norme comunitarie.

La richiamata direttiva – si legge nelle conclusioni della Corte - è di ostacolo a una normativa di uno Stato membro come quella in esame “in forza della quale, ai fini della determinazione dei diritti a una prestazione di sicurezza sociale, non vengono presi in considerazione i familiari del soggiornante di lungo periodo, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), di detta direttiva, che risiedano non già nel territorio di tale Stato membro, bensì in un paese terzo, mentre vengono presi in considerazione i familiari del cittadino di detto Stato membro residenti in un paese terzo, qualora tale Stato membro non abbia espresso, in sede di recepimento di detta direttiva nel diritto nazionale, la propria intenzione di avvalersi della deroga alla parità di trattamento consentita dall’articolo 11, paragrafo 2, della medesima direttiva”.

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