Corte Ue: libera circolazione dei capitali, no a restrizioni sproporzionate

Pubblicato il 01 febbraio 2022

Corte di giustizia: sproporzionate le restrizioni alla libera circolazione dei capitali imposte dalla normativa della Spagna.

Con sentenza depositata il 27 gennaio 2022, causa C‑788/19, la Corte Ue si è pronunciata in ordine alla normativa nazionale spagnola che obbliga i soggetti fiscalmente residenti nel Paese a dichiarare, mediante un modulo denominato "Modello 720", i beni o i diritti situati all’estero.

I giudici europei hanno accolto, in proposito, il ricorso promosso dalla Commissione europea, sul rilievo di una incompatibilità con il diritto dell’Unione.

Per la Corte di giustizia, la Spagna sarebbe venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del principio della libera circolazione dei capitali.

La normativa nazionale censurata, in particolare, espone i residenti in Spagna che non dichiarano o lo fanno in modo inesatto o tardivo i beni e i diritti detenuti all’estero alla rettifica dell’imposta dovuta sulle somme corrispondenti al valore di tali beni o di tali diritti, anche laddove questi ultimi siano stati acquistati nel corso di un periodo di imposta già prescritto, oltre all’irrogazione di una sanzione proporzionale e di specifiche sanzioni forfettarie.

Secondo la Corte, l’obbligo in esame e le sanzioni ad esso collegate, non avendo equivalenti per quanto riguarda i beni o i diritti situati nel Paese, porrebbero in essere una disparità di trattamento tra i residenti in Spagna a seconda del luogo in cui si trovino i loro attivi, costituendo peraltro, come detto, una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali.

La predetta normativa sarebbe eccessiva rispetto a quanto necessario per conseguire gli obiettivi dalla stessa perseguiti, vale a dire garantire l’efficacia dei controlli fiscali e contrastare l’evasione e l’elusione fiscali.

In particolare, l'obbligo in oggetto è stato censurato laddove prevede, come conseguenza dell’inadempimento, l’assoggettamento a imposta dei redditi non dichiarati corrispondenti al valore di tali attivi come "plusvalenze patrimoniali non giustificate", senza possibilità, di fatto, di beneficiare della prescrizione.

Le predette scelte in materia di prescrizione sarebbero sproporzionate, in quanto consentirebbero all’amministrazione finanziaria di procedere, senza limiti di tempo, alla rettifica dell’imposta.

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