Nel rito lavoro, all’avvocato deve essere sempre corrisposto il compenso relativo alla voci tariffarie “corrispondenza” e “consultazione con il cliente” a prescindere dalla specifica prova di dette attività, vigendo in proposito una presunzione iuris tantum (la comparizione personale all’udienza di discussione della parte interessata, presuppone difatti che sia stato assolto, da parte del difensore, l’onere di informare il cliente).
Così come devono essere liquidate le attività successive al deposito della sentenza (esame dispositivo e testo integrale della sentenza, accesso ufficio e ritiro, ritiro fascicolo). Tali voci difatti, seppur relative ad attive svolte in seguito alla sentenza di primo grado, sono da considerarsi ad essa necessariamente conseguenziali; dunque da liquidarsi in favore del legale.
E’ quanto si legge nell'ordinanza n. 23059 resa dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, il 3 ottobre 2017.
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