Accesso illecito, frode informatica e duplicazione abusiva sono i reati contestabili all'ex dipendente che abbia copiato dei codici sorgenti e dei database di un programma dell’ex datore, al fine di realizzare un programma identico per la nuova società dove è andato a lavorare.
La Corte di cassazione si è pronunciata in ordine ad una causa penale incardinata a carico di tre ex dipendenti di una società che avevano copiato dei dati di un programma dell’ex datrice, costituitasi parte civile, utilizzandoli per realizzare un programma sostanzialmente identico e con le stesse finalità per una società concorrente.
Ribaltando quanto ritenuto in sede di merito, la Suprema corte ha, in primo luogo, ricordato quanto già sottolineato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 41210/2017) in merito al carattere illecito dell’accesso informatico.
E’ stato, ossia, riconosciuto che integra il delitto previsto dall’articolo 615-ter, comma 2, n. 1 del Codice penale, anche la condotta del soggetto abilitato all’accesso per ragioni d’ufficio che, pur non violando le condizioni ed i limiti risultanti dalle prescrizioni del titolare del sistema, acceda o si mantenga nel medesimo per scopi e finalità estranei o diversi rispetto a quelli per i quali la facoltà di accesso gli è attribuita.
A seguire, gli Ermellini – sentenza n. 11075 del 13 marzo 2018 - si sono soffermati sulla contestata fattispecie di frode informatica di cui all’articolo 640-ter del Codice penale. Detta previsione – si legge in decisione – prevede una pluralità di condotte: da un parte, è sanzionata la condotta di chi si procuri un ingiusto profitto con altrui danno, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico; dall’altra, quella di chi intervenga senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico ad essa pertinenti.
E nel caso esaminato, la descrizione della condotta oggetto dell’imputazione corrispondeva al secondo tipo di condotte sanzionate, essendovi stato un intervento senza diritto su dati contenuti in un sistema informatico, consistito nella introduzione nel sistema e nella estrazione di copia dei database e codici sorgente del programma protetto da copyright al fine di utilizzare lo stesso programma per gestire parti dell’attività di una società concorrente in cui coloro che avevano agito erano poi confluiti.
Il reato di frode informatica, nella specie, è stato riconosciuto concorrere con la fattispecie di cui all’articolo 171 bis del R.D. n. 633/1941 (Legge sul diritto d’autore) che sanziona chi duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore.
Per la Seconda sezione penale, le due fattispecie “presentano degli elementi specializzati di diversa natura che non permettono di ritenere che vi sia alcun tipo di assorbimento o consunzione tra le due” e quindi determinano l’applicazione in concorso.
In definitiva, la Corte ha ritenuto fondati i motivi di ricorso sollevati dal Procuratore generale contro la decisione di merito con cui era stato dichiarato il non luogo a procedere nei confronti degli imputati per il reato di frode informatica e di accesso illecito a sistema informatico nonché l’estinzione, per prescrizione, del reato di cui alla Legge del diritto d’autore.
I giudici di Cassazione, tuttavia, hanno dovuto riconoscere che, anche con riferimento al delitto di frode informatica, fosse decorso il termine prescrizionale di riferimento.
La sentenza di merito, in definitiva, è stata annullata, senza rinvio.
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