Convenuto contumace non ammette pretesa avversa

Pubblicato il 05 novembre 2015

L'onere di contestazione specifica dei fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, si pone unicamente per il convenuto costituito nell'ambito del giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definisce il thema desìcidendum ed il thema probandum.

Pertanto il giudice dell'appello, nel decidere la causa, deve aver riguardo ai suddetti temi così come si sono formati nel giudizio di primo grado, non rilevando, a tal fine, la condotta tenuta delle parti nel giudizio svoltosi dinnanzi a lui.

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sesta sezione civile, con sentenza n. 22461 depositata il 4 novembre 2015, nell'accogliere il ricorso di una s.r.l., condannata in secondo grado, al pagamento di una somma di denaro in favore di un professionista, che aveva svolto prestazioni in suo favore.

La contumacia non ha valenza confessoria

La Cassazione nello specifico – nell'accogliere le censure – ha contestato l'assunto dei giudici dell'appello, laddove avevano ritenuto – in base all'art. 115 c.p.c. così come modificato dalla Legge n. 69/2009 – che la contumacia del convenuto avesse importato l'ammissione di fondatezza della pretesa avversa. Il che – secondo la Corte – va escluso tanto nella precedente quanto nell'attuale formulazione della summenzionata norma.

La contumacia integra infatti - precisano gli ermellini - un comportamento neutrale a cui non può essere attribuita valenza confessoria, e comunque, non contestativa dei fatti allegati da controparte, la quale resta in ogni caso onerata dalla relativa prova.  

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