Precisazioni dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato in ordine a contributo di costruzione e relativa rideterminazione nonché con riguardo alla tutela del privato attraverso l’azione di accertamento.
Con sentenza n. 12 del 30 agosto 2018, il Collegio amministrativo ha, in primo luogo, spiegato la natura degli atti con i quali la Pubblica amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione, previsto dall’articolo 16, DPR n. 380/2001.
Questi atti, non essendo espressione di una potestà pubblicistica, non hanno natura autoritativa, bensì “costituiscono l’esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, stante la sua onerosità, nell’ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico”.
Pretesa che – viene evidenziato - è soggetta al termine di prescrizione decennale.
Ciò posto, a detti atti non possono applicarsi né la disciplina dell’autotutela né, più in generale, le disposizioni previste dalla stessa legge per gli atti provvedimenti manifestazioni di imperio.
A seguire, il Consiglio di Stato ha ricordato la possibilità che la Pa, nel corso del rapporto concessorio, ridetermini, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo di un contributo di concessione erroneamente liquidato.
Potrà, ossia, richiederne o rimborsarne la differenza nell’ordinario termine di prescrizione decennale, che decorre dal rilascio del titolo edilizio, senza incorrere in alcuna decadenza.
Da parte sua, il privato non deve impugnare gli atti determinativi del contributo nel termine di decadenza, potendo ricorrere al giudice amministrativo, munito di giurisdizione esclusiva, nel medesimo termine di dieci anni, anche con un’azione di mero accertamento.
Si precisa, poi, che nella rideterminazione dell’importo del contributo di concessione, l’amministrazione “agisce secondo le norme di diritto privato”, e ciò senza che sia applicabile la disciplina dell’errore riconoscibile.
Per finire, i giudici amministrativi ricordano che anche in caso di rideterminazione possono trovare applicazione i principi di tutela dell’affidamento e di buona fede.
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