Contributi dovuti sulla retribuzione del CCNL anche se il contratto aziendale può derogare in pejus
Pubblicato il 02 ottobre 2014
La Cassazione, con sentenza n.
20595 del 30 settembre 2014, ha ricordato che, secondo unanime giurisprudenza, il collegamento normativo dei contributi previdenziali alla retribuzione va inteso nel senso che la
base imponibile deve restare insensibile agli eventuali inadempimenti del datore di lavoro all'obbligazione retributiva, dovendo in ogni caso farsi riferimento a tutta la retribuzione dovuta, a prescindere da quella materialmente erogata, e, quindi, a tutta quella che il lavoratore ha diritto di ricevere (ex multis: Cass. n. 8620 del 1999; Cass. n. 1898 del 1997; Cass. n. 5547 del 1993).
Nell'ambito di questa disciplina, l’art. 1 del D.L. n.
338/1989, convertito nella L. n. 389/1989, confermato espressamente dall'ottavo comma dell'art. 6 del D.Lgs. n.
314/1997, ha stabilito il
limite minimo di retribuzione imponibile ai fini contributivi, prevedendo che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
Le legge, chiariscono gli Ermellini, ha, quindi, individuato nei "
contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale" la fonte del parametro per determinare l’obbligo contributivo minimo.
Tuttavia, i contratti collettivi possono
derogare "
in peius" quelli nazionali, per cui può accadere che la retribuzione corrisposta e spettante in forza di contratto aziendale sia inferiore a quella determinata dal contratto collettivo nazionale.
In tal caso, però, la
retribuzione contributiva non è quella spettante al lavoratore (più sfavorevole), ma quella superiore (e non spettante)
prevista dal contratto nazionale.