Se il contribuente sottoposto a verifica fiscale viene dichiarato fallito, non è necessario attendere la decorrenza del termine dilatorio di cui all'articolo 12, comma 7, della Legge n. 212/2000.
La dichiarazione di fallimento, infatti, giustifica l'emissione dell'avviso di accertamento senza l'osservanza del termine di sessanta giorni dalla chiusura della verifica, per due ordini di ragioni.
Da un lato, a causa dell'urgenza correlata alla necessità dell'Erario di intervenire nella procedura concorsuale; dall'altro, perché il contribuente fallito perde la capacità di gestire il proprio patrimonio e il termine per la presentazione di osservazioni e richieste risulta incompatibile con l'attività del curatore, svolta sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.
E' il principio ribadito dalla Corte di cassazione, Sezione tributaria civile, con ordinanza n. 3294 del 5 febbraio 2019, con la quale ha cassato una decisione di annullamento di un avviso di accertamento notificato ad una Sas, dichiarata fallita.
La CTR, in particolare, aveva ritenuto che l'atto impositivo fosse nullo in quanto notificato alla contribuente in assenza della preventiva comunicazione dell'avviso di accertamento e in assenza di ragioni d'urgenza tali da giustificare detta omissione.
Una conclusione, questa, non condivisa dalla Suprema corte, secondo la quale i giudici di merito avevano falsamente applicato l'articolo 12, comma 7 della Legge n. 212/2000, in quanto l'invito a produrre documenti, in realtà, era stato rivolto al curatore fallimentare.
Ad ogni modo, poiché la società era già fallita all'inizio della fase amministrativa di verifica, non vi era alcuna necessità di attendere la decorrenza del termine dilatorio di sessanta giorni.
E non vi era, parimenti, alcuna necessità di motivare sulle ragioni d'urgenza della notifica dell'avviso, posto che, in tale ipotesi, le stesse erano da considerare in re ipsa, in quanto derivate dall'accertata insolvenza della contribuente.
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