A seguito di dichiarazione, da parte della Corte di Appello, della nullità del termine apposto ad una serie di contratti e la condanna per il datore di lavoro al pagamento di undici mensilità globali di fatto a titolo risarcitorio, un lavoratore ha fatto ricorso in Cassazione chiedendo il riconoscimento dell’anzianità lavorativa e retributiva, con i relativi avanzamenti di grado, qualifica e mansioni e con le connesse differenze retributive.
A tal proposito, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 17248 del 2 luglio 2018, ha evidenziato che anche dopo la Legge. n. 183/2010 e la legge di interpretazione autentica, la sentenza che accerta l’illegittimità del termine converte il contratto a termine in contratto a tempo indeterminato e dispone la riammissione del lavoratore in servizio.
Da quel momento il lavoratore avrà diritto a percepire le retribuzioni tanto se il datore di lavoro adempie, quanto se non adempie (in questo secondo caso a titolo di risarcimento del danno commisurato al pregiudizio economico derivante dal rifiuto di assunzione: vedi. Cass. 11 aprile 2013, n. 8851 e Corte cost. 30 luglio 2014, n. 226).
La Legge. n. 92/2012 ha sancito che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia dei provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostruzione del rapporto di lavoro ma se l’indennità serve a risarcire le conseguenze retributive e contributive del danno da mancato lavoro è evidente che il legislatore considera solo i periodi di non lavoro ai fini di tale risarcimento e, infatti, esclude dal computo il periodo sino alla scadenza del termine, che è periodo di lavoro, in cui il lavoratore è stato retribuito e, quindi, non ha subito, né può subire, conseguenze negative sul piano retributivo o contributivo.
In conclusione, per gli Ermellini, l’indennità prevista dall’art. 32 della Legge. n. 183/2010 ristora in generale il danno subito dal lavoratore per l’allontanamento dal lavoro, tanto se questo sia stato unico, quanto se sia stato ripetuto.
Per tali periodi di non lavoro, mentre prima il lavoratore aveva diritto ad essere comunque retribuito a decorrere dalla messa a disposizione delle energie lavorative pur non avendo lavorato, oggi è prevista solo l’indennità da un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità.
Al contrario, per il periodo di lavoro (o i periodi di lavoro, in caso di sequenza di contratti) il lavoratore ha diritto ad essere retribuito ed ha diritto a che tale periodo o tali periodi siano computati ai fini della anzianità di servizio e della maturazione degli scatti di anzianità.
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