Alle sanzioni irrogate nell’ambito del contrasto ai paradisi fiscali, si applica, come in ambito penale, il principio del favor rei.
Pertanto, se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo.
Non va applicato, quindi, in caso di fattispecie anteriori al 2009, il raddoppio delle sanzioni sancito dall'art. 12 del Dl n. 78/2009.
E’ quanto si desume dalla lettura della sentenza di Cassazione n. 7957 del 22 marzo 2021, pronunciata con riguardo ad un avviso di accertamento fondato sulla presunzione di cui al menzionato art. 12 del DL n. 78/2009 e relativo al periodo d'imposta 2006, annualità precedente all'entrata in vigore della predetta norma (1° luglio 2009).
L'avviso era stato emesso nei confronti di un contribuente ed era originato dall'acquisizione di dati dalla c.d. "lista Falciani".
L’interessato aveva impugnato la decisione di merito confermativa dell’accertamento davanti alla Cassazione, lamentando, tra gli altri motivi, la violazione o la falsa applicazione del menzionato articolo 12.
Motivo, questo, che la Suprema corte ha giudicato solo parzialmente fondato, in relazione al raddoppio delle sanzioni che era stato applicato alla fattispecie in esame.
Per i giudici di Piazza Cavour, infatti, si sarebbe dovuta applicare la sanzione più favorevole e non quella raddoppiata di cui al decreto in oggetto, dovendosi tener conto dello ius superveniens.
Nel testo della decisione, gli Ermellini hanno ricordato i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di accertamenti basati sulla presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal menzionato art. 12, comma 2, del DL n. 78/2009.
Per la Corte, tale presunzione non ha natura procedimentale ma sostanziale con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva e non poteva trovare applicazione a fattispecie, come quella in oggetto, verificatesi prima del 1° luglio 2009.
Questo – si legge nella sentenza - sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l'effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione.
Diversamente - continua il Collegio di legittimità - hanno natura procedimentale e non sostanziale, soggiacendo perciò al principio "tempus regit actum", le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l'omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all'estero.
Con la conseguenza che queste ultime previsioni si applicano anche per i periodi d'imposta precedenti alla loro entrata in vigore, quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all'art. 12, comma 2.
Per quanto specificamente affermato in tema di lista Falciani, è stato invece ribadito che l'Amministrazione finanziaria può fondare la propria pretesa anche su un unico indizio, se grave preciso, cioè dotato di elevata valenza probabilistica.
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