Con sentenza n. 42464 depositata il 22 ottobre 2015, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una Banca, avverso l'ordinanza di conferma del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in relazione ad un conto corrente e ad un deposito titoli in garanzia, intestati ad un cliente indagato per reati tributari.
Con il provvedimento impugnato, i giudici avevano rilevato come la Banca – quale terzo creditore titolare di diritto reale di garanzia – non fosse legittimata a chiedere la revoca della misura cautelare, non essendo la sua posizione assimilabile a quella del titolare del diritto di proprietà.
Di diverso avviso la Cassazione, secondo cui il saldo attivo del conto corrente rientra nella categoria del "pegno irregolare", il quale attribuisce alla Banca un vero e proprio diritto di proprietà su tali somme.
In particolar modo - specifica la Suprema Corte - la figura del pegno irregolare è definita quale quel contratto con cui il garante consegna ed attribuisce in proprietà al creditore denaro o beni aventi un prezzo corrente di mercato e per ciò reputati fungibili con il denaro, dei quali l'accipiens deve restituire il tantundem se e quando interviene l'adempimento dell'obbligazione garantita; altrimenti l'obbligazione restitutoria attiene all'eventuale eccedenza del valore dei beni trasferiti in proprietà rispetto a quello della prestazione garantita rimasta inadempiuta .
Il pegno irregolare non elimina dunque il diritto a pretendere l'adempimento, quanto piuttosto l'interesse del creditore a percorrere la via dell'esecuzione forzata, essendo già anticipato, mediante lo strumento negoziale in questione, l'effetto finale della tutela processuale.
Ne consegue, per ciò che qui rileva, che il sequestro penale presso il creditore di beni costituiti dall'indagato/debitore in "pegno irregolare" – come nella fattispecie - vincola a garanzia degli interessi perseguiti con la misura reale, beni che non sono più di proprietà del costituente ma per l'appunto del creditore.
Sussiste dunque in capo alla Banca qui ricorrente – conclude la Corte - la legittimazione a richiedere il dissequestro, quale persona giuridica alla quale le cose, mediante la misura cautelare impugnata, sono state effettivamente sottratte.
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