Il requisito della continuità nell'esercizio della professione di avvocato non può essere contestato da Cassa Forense per i periodi anteriori al quinquennio precedente solo quando l'interessato abbia correttamente adempiuto agli obblighi di comunicazione previsti dalla Legge n. 576/1980.
L'esercizio del potere di revisione è, infatti, logicamente legato al presupposto della avvenuta, regolare e tempestiva comunicazione alla Cassa dell'entità del reddito professionale da parte dell'interessato; in difetto di tale puntuale ed esatto adempimento “difetta il presupposto fattuale e logico della limitazione temporale del correlato potere di revisione medesimo”.
E’ quanto ribadito dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 30714 del 21 dicembre 2017, pronunciata nell’ambito di una vicenda che aveva visto un avvocato adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere l'affermazione del proprio diritto alla liquidazione della pensione di vecchiaia con la inclusione anche degli anni che la Cassa Forense aveva escluso ai fini del calcolo della pensione medesima, per mancanza del requisito della continuità nell'esercizio della professione.
Mentre in primo grado il ricorso del legale era stato accolto, in sede di appello era stata ritenuta fondata l’impugnazione promossa dall’Ente di previdenza degli avvocati e ciò sull’assunto che il limite del quinquennio fissato dalla legge per l'accertamento del requisito della continuità, nel caso di esercizio della facoltà di revisione, è condizionato al corretto adempimento da parte dell'iscritto degli obblighi di comunicazione previsti dagli articoli 17 e 23 della legge sopra richiamata.
E quest’ultima statuizione è stata confermata anche dalla Suprema corte, secondo la quale era corretto che i giudici di merito avessero escluso l’adempimento, da parte del ricorrente avvocato, dell’obbligo di comunicazione periodica nei termini e nei contenuti prescritti dall'articolo 17 citato, posto che, nella specie, la comunicazione per l'intero periodo contestato era avvenuta solo successivamente e con unico atto.
Gli Ermellini hanno infatti condiviso il rilievo contenuto nella decisione di secondo grado secondo cui, in presenza della descritta situazione fattuale, non poteva operare il limite del quinquennio previsto per la facoltà di revisione, dovendosi escludere che il detto quinquennio potesse decorrere dalla data di avvenuta comunicazione.
Il giudizio di merito, in definitiva, era coerente con i contenuti dei principio affermati dalla giurisprudenza di legittimità, anche se la fattispecie in esame proponeva l'aspetto peculiare di una comunicazione esistente ma non rispettosa delle modalità e dei tempi previsti.
Secondo la Cassazione, infatti, la limitazione temporale dell'esercizio del potere di revisione degli iscritti a seguito di verifica della continuità dell'esercizio della professione, può conseguire solo “alla realizzazione della esatta fattispecie che pone a carico dell'interessato l'obbligo di trasmettere annualmente alla cassa con lettera raccomandata, da inviare entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l'ammontare del reddito professionale”.
Per contro, “non integra tale elemento della complessa fattispecie una condotta dell'interessato difforme rispetto al procedimento delineato dalla norma per regolare la facoltà di procedere alla revisione dell'albo”.
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