La Cassazione si è espressa con riferimento al rapporto esistente tra somma confiscabile e previamente sequestrabile nelle ipotesi di accordi conciliativi tra Erario e contribuente.
Gli Ermellini, in primo luogo, hanno ricordato l’orientamento di legittimità secondo cui, in tema di reati tributari, la disposizione secondo cui la confisca dei beni costituenti profitto o prodotto del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, deve essere intesa nel senso che la confisca può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto dal contribuente, producendo, tuttavia, effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento.
A seguire, hanno anche ricordato come, nella determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, suscettibile di sequestro e poi di confisca, spetti esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare detto ammontare, attraverso una verifica che può anche sovrapporsi ed entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dal giudice tributario, posto che non è configurabile alcuna pregiudiziale tributaria nell’ordinamento giuridico.
Il giudice penale, ossia, può anche discostarsi dalla quantificazione del profitto, per come risultante dalla conclusione degli accordi conciliativi, ma nell’esercizio di tale autonomo potere deve darne congrua argomentazione.
Da qui la considerazione che, in presenza di accordi conciliativi con il Fisco, il giudice penale può ridurre l’entità dei beni sottoposti a sequestro a titolo di profitto dell’evasione fiscale prendendo, ossia, in considerazione la quantificazione del profitto operata in sede amministrativa.
Lo stesso giudice, tuttavia, può anche discostarsi dalla determinazione dell’ammontare del profitto come risultante nell’accordo, ma di ciò deve dare congrua motivazione.
E’ così che la Terza sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 50157 del 7 novembre 2018, ha annullato, con rinvio, l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva rigettato una richiesta di riduzione dell’ammontare dell’importo sottoposto a sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, in relazione ai reati di dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, oggetto di incolpazione provvisoria.
La riduzione era stata chiesta alla luce degli accordi conciliativi che l’indagato aveva stretto con l’Agenzia delle Entrate.
Nel testo della decisione, i giudici di legittimità hanno stato conclusivamente affermato il principio di diritto secondo cui, nel caso di accordi conciliativi con l’Erario, deve attribuirsi rilevanza alla quantificazione del profitto operata in sede amministrativa, ma il giudice penale, in forza dell’inesistenza di una pregiudiziale tributaria, ben può discostarsi dalla determinazione dell’ammontare del profitto come risultante nell’accordo, ma di ciò deve dare una congrua motivazione.
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