Condotta irreprensibile commercialisti, obbligo di dichiarare le condanne penali

Pubblicato il 27 marzo 2025

La condotta irreprensibile rappresenta un requisito essenziale per l’iscrizione e la permanenza all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.
A tal proposito, alcuni Ordini territoriali hanno sollevato quesiti al Consiglio Nazionale in merito all’obbligo di dichiarare anche le condanne penali assistite dal beneficio della non menzione.

Con l’Informativa n. 42 del 26 marzo 2025, il Consiglio ha fornito importanti chiarimenti, sottolineando che il requisito della condotta irreprensibile non può essere valutato esclusivamente sulla base del certificato del casellario giudiziale, poiché quest’ultimo non riporta le condanne coperte da tale beneficio.

Pertanto, secondo il CNDCEC, anche le condanne penali assistite dal beneficio della non menzione (art. 175 c.p.) devono essere dichiarate dagli iscritti all’Albo, nell’ambito della verifica di tale requisito.

Contesto normativo

Il quadro normativo di riferimento ruota attorno all’art. 175 del codice penale e all’art. 24 del D.P.R. n. 313/2002 (Testo Unico sul Casellario Giudiziale).

Il primo disciplina il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale richiesto dai privati: tale beneficio può essere concesso dal giudice in caso di prima condanna lieve (pena detentiva non superiore a due anni o pena pecuniaria fino a un milione di euro), se le circostanze previste dall’art. 133 c.p. lo giustificano.

L’art. 24 del DPR 313/2002 stabilisce che le condanne assistite da questo beneficio non compaiono nel certificato del casellario richiesto dall’interessato, purché il beneficio non sia stato revocato.

NOTA BENE: Tuttavia, la giurisprudenza chiarisce che la non menzione non cancella la condanna, né impedisce agli enti pubblici e agli ordini professionali di tenerne conto, specialmente in sede di valutazione della condotta irreprensibile, richiesta come condizione essenziale per l’iscrizione e la permanenza negli albi professionali.

La posizione del CNDCEC

Nel chiarire l’interpretazione del requisito della condotta irreprensibile, il CNDCEC afferma un principio fondamentale: il requisito della condotta irreprensibile ha natura sostanziale e non meramente formale.

Ciò significa che non basta basarsi sul contenuto del casellario giudiziale per stabilire se un iscritto mantiene i requisiti per far parte dell’Albo. Anche le condanne non menzionate nel casellario – comprese quelle con patteggiamento o assistite dal beneficio della non menzione – devono essere dichiarate.

Il Consiglio Nazionale sottolinea che l’Ordine professionale ha il dovere di conoscere ogni elemento rilevante sulla condotta degli iscritti, per poter svolgere efficacemente la sua funzione di vigilanza e tutela dell’interesse pubblico. La non menzione serve ad agevolare il reinserimento sociale del condannato, ma non cancella l’accertamento giudiziale della responsabilità penale. Di conseguenza, una condanna può incidere sulla valutazione della condotta professionale anche se non visibile nel casellario.

Aggiornamento del modulo per la verifica dei requisiti

Per rendere più chiara e completa la procedura di verifica, il CNDCEC ha aggiornato il facsimile del modulo (già messo a disposizione con l’Informativa n. 15/2022), specificando che:

La formula usata nel nuovo modello richiede di dichiarare “di non aver riportato condanne penali” oppure “di aver riportato le seguenti condanne penali”, senza limitazioni, così da acquisire una visione completa del profilo dell’iscritto.

Conclusioni

L’Informativa n. 42/2025 ribadisce che la tutela dell’integrità e dell’affidabilità della professione è un compito primario degli Ordini professionali, a vantaggio della collettività e del corretto esercizio della funzione pubblica di controllo.

In quest’ottica, è doveroso pretendere la massima trasparenza da parte degli iscritti, anche su condanne non visibili nei documenti ufficiali rilasciati ai privati. Inoltre, si ricorda che rendere false dichiarazioni in un’autocertificazione costituisce reato penale, con conseguenze gravi anche sul piano disciplinare.

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