Le fattispecie incriminatrici della bancarotta fraudolenta documentale e dell’occultamento o distruzione di documenti contabili sono diverse.
Tra i due reati, infatti, non sussiste “specialità” ex articolo 15 del Codice penale, ben potendo, l’imprenditore già condannato per bancarotta documentale, essere imputato, per i medesimi fatti, anche per la fattispecie tributaria dell’occultamento o distruzione di documenti contabili, senza che possa ritenersi sussistente, in detto caso, una violazione del principio del ne bis in idem.
Difatti, il reato di natura fiscale, previsto e punito dall’articolo 10 del Decreto legislativo n. 74/2000, richiede l’impossibilità di ricostruire l’ammontare dei redditi o il volume degli affari, da intendere come impossibilità di accertare il risultato economico di quelle sole operazioni connesse alla documentazione occultata o distrutta.
Per contro, l’azione fraudolenta sottesa alla bancarotta documentale di cui all’articolo 216, comma 1, n. 2 della Legge Fallimentare, si concretizza in un evento da cui discende la lesione degli interessi dei creditori, rapportato all’intero “corredo documentale”; in detto contesto, risulta irrilevante l’obbligo normativo della relativa tenuta, “ben potendosi apprezzare la lesione anche dalla sottrazione di scritture meramente facoltative”.
Senza contare, poi, che, nell’ipotesi fallimentare, la volontà dell’agente coincide con la specifica volontà di procurare a sé o ad altro ingiusto profitto o, alternativamente, di recare pregiudizio ai creditori, finalità, questa, non presente nella fattispecie tributaria.
E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 18927 depositata il 20 aprile 2017.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".