Concorso esterno in associazione mafiosa. Ok a misure alternative alla custodia carceraria
Pubblicato il 27 marzo 2015
Con
sentenza n. 48 depositata il 26 marzo 2015, la Corte Costituzionale
ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata
in relazione all’art. 275 comma 3 c.p.p., nella parte in cui – nel prevedere che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al
reato di associazione di tipo mafioso,
sia sempre applicata la custodia cautelare in carcere allorché vi siano esigenze cautelari – non fa salva, altresì, rispetto al
concorrente esterno nel suddetto delitto, l’ipotesi in cui risulti, in base a specifici elementi, che dette esigenze cautelari possano essere
soddisfatte con altre misure.
La questione di costituzionalità in ordine all’art. 275 c.p.p. (per contrasto con gli artt. 3 e 13 Cost.), era stata sollevata da un G.i.p. investito da un’istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, proposta dal difensore di un indagato per “concorso esterno” in associazione di tipo mafioso ex art. 416bis c.p.
Riteneva in particolare il giudice rimettente, che nel caso di specie sussistessero le esigenze cautelari, stante la perdurante operatività dei legami tra l’indagato “concorrente esterno” e l’associazione criminosa.
Dette esigenze, tuttavia, avrebbero potuto essere adeguatamente soddisfatte con la meno gravosa misura degli arresti domiciliari- piuttosto che la custodia in carcere- in quanto il ruolo di “concorrente esterno” non implicava l’appartenenza al gruppo malavitoso.
La Corte Costituzionale - dopo ampia disamina giurisprudenziale –ha accolto la censura sollevata in relazione
all’art. 275 comma 3 c.p.p. e ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale, in considerazione del fatto che il
supporto del “concorrente esterno” all’associazione, potrebbe risultare
meramente episodico; circostanza che rende
non giustificabile la totale equiparazione del concorrente all’associato (il cui supporto è invece stabile e duraturo nel tempo),
ai fini dell’esclusione di qualunque possibile alternativa alla custodia carceraria come strumento di contenimento della pericolosità sociale dell’indiziato.