Comunicazione per la delocalizzazione dei call center

Pubblicato il 21 ottobre 2014 Facendo seguito alla circolare n. 14/2013, il Ministero del Lavoro, con nota prot. 17495 del 17 ottobre 2014, in merito alla questione della delocalizzazione della attività di call center, ai fini della corretta applicazione delle disposizioni di cui all’art. 24 del D.L. n. 83/2012, convertito dalla Legge n. 134/2012, ha ribadito che:

- potrà ritenersi delocalizzata un’attività di call center qualora le commesse acquisite da un’azienda con sede legale in Italia e già avviate nel territorio nazionale siano trasferite – prima della naturale scadenza del relativo contratto – a personale operante all’estero, sia attraverso la successiva apertura di nuove filiali fuori dal territorio nazionale, sia attraverso un meccanismo di subappalto;

- 120 giorni prima del trasferimento, occorre effettuare una comunicazione anche al Ministero del Lavoro, indicando almeno il numero dei lavoratori coinvolti e cioè coloro i quali (a prescindere dall’inquadramento subordinato o autonomo), in conseguenza della delocalizzazione dell’attività di call center, siamo ritenuti in esubero dal datore di lavoro e pertanto interessati da un minor impiego o addirittura da procedure di licenziamento;

- gli obblighi di comunicazione in questione non ricorrono nel caso in cui, nel corso di svolgimento di uno specifico appalto, l’azienda delocalizzi senza generare esuberi o un minor impiego di personale sino a quel momento impegnato su tale commessa.

Inoltre, ricorda la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, il Legislatore ha stabilito che i benefici previsti dalla Legge n. 407/1990, non possono essere erogati ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri.

Stante quanto sopra, conclude la nota, va chiarito che sia tale disposizione che l’obbligo di comunicazione – collegato all’applicabilità della sanzione relativa alla mancata concessione dei benefici – trovano applicazione solo nei casi in cui la delocalizzazione avvenga verso Paesi extraUE.
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