Compravendita immobili Nessuna compensazione tra Iva ed Imposta di registro

Pubblicato il 14 ottobre 2017

Con la sentenza n. 16532 del 5 luglio 2017, la Suprema Corte di Cassazione analizza il caso di una compravendita immobiliare, nel quale una società immobiliare vendeva ad una contribuente un complesso immobiliare, in primo luogo ritenuto soggetto ad Iva. A seguito di successivo controllo dell’atto di trasferimento, da parte dell'Ufficio, è emerso che l’atto stipulato non doveva essere sottoposto ad Imposta sul valore aggiunto, in quanto esente ex art. 10, comma 1, n. 8 bis del Dpr n. 633/1972, ma ad Imposta di registro: infatti, l’acquirente non poteva usufruire delle agevolazioni “prima casa” in quanto l’atto riguardava un complesso immobiliare, non una singola unità abitativa, ed aveva caratteristiche di lusso.

La contribuente impugnava l’atto, eccependo che aveva già versato l’Iva, anche se non dovuta, e che alla richiesta dell’ulteriore Imposta di registro avrebbe dovuto applicarsi l’istituto della compensazione, tenuto anche conto che tra quanto già versato a titolo Iva e quanto dovuto a titolo di Registro, spettava alla contribuente addirittura un rimborso.

La tesi difensiva della contribuente è stata accolta da parte dei giudici di merito, mentre in Cassazione è stato accolto il ricorso dell’Ufficio, con conseguente riforma integrale dell’impugnata sentenza.

Motivazioni della Suprema Corte

Partendo da un excursus della disciplina normativa tributaria in tema di compensazioni (dalla compensazione “verticale” alla compensazione “speciale”), la sentenza n. 16532/2017 ha sancito che, essendo i fatti di specie relativi al periodo d’imposta 2004 - ossia ad un periodo precedente a quello di entrata in vigore del DM 8 novembre 2011 (30 novembre 2011) che ha esteso la compensazione speciale anche all’Imposta di registro - non era possibile, con riferimento al caso in esame, compensare l'Iva e l'Imposta di registro, rimborsando la parte versata in eccesso dal contribuente.

Ciò in quanto, come specifica la Corte “la compensazione ad opera del contribuente deve infatti avere ad oggetto due crediti contrapposti intercorrenti tra i medesimi soggetti”.

Mentre, nel caso di specie, la controparte che si pone in relazione con l'Amministrazione finanziaria nel rapporto di imposta avente ad oggetto l’Iva è sempre ed esclusivamente il soggetto passivo (cedente), su cui grava non solo l’obbligo di pagamento del tributo, ma anche l’insieme degli obblighi strumentali aventi a che fare con la registrazione e la contabilizzazione delle operazioni imponibili, nonché con la presentazione delle dichiarazioni: ogni questione attinente ad eventuali pretese restitutorie, quindi, deve essere affrontata e risolta nel rapporto tra Fisco e soggetto cedente dei beni.

Pertanto, secondo la sentenza n. 16532/2017, “essendo l’identità soggettiva presupposto necessario di fatto per l’operatività del meccanismo compensativo, sul punto dell’avvenuto riconoscimento alla contribuente del diritto al rimborso della maggiore Iva versata rispetto all’imposta di registro", ne deriva il seguente principio di diritto:

“in tema di compensazione delle obbligazioni tributarie, allorché il contribuente, avendo corrisposto una somma a titolo di Iva in relazione ad acquisto immobiliare poi risultato assoggettabile unicamente ad imposta di registro, impugni l’avviso di liquidazione di tale ultima imposta, assumendo di avere diritto al conguaglio tra le due somme e al rimborso dell’eccedenza corrisposta a titolo di Iva in relazione a fattispecie antecedente all’entrata in vigore del D.M. 8 novembre 2011, trova applicazione la disciplina dettata dall’art. 17, DIgs. n. 241 del 1997, con conseguente impossibilità di compensare il credito Iva indebitamente corrisposta ed il debito per l’imposta di registro”.

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