Accertata, sul piano sostanziale, l'esistenza del credito IVA e il conseguente diritto del contribuente di portarlo in compensazione, la mancata apposizione del visto di conformità si risolve in una infrazione puramente formale, non sanzionabile.
Difatti, la funzione del predetto visto, richiesto per poter operare la compensazione, è quella di assicurare un controllo anticipato della esistenza e spettanza del credito compensabile mediante l'attribuzione della relativa verifica ad un professionista abilitato.
L'inosservanza di tale adempimento non determina il venir meno del diritto del contribuente alla compensazione, risultando inidonea a pregiudicare l'esercizio delle attività di controllo e di verifica della sussistenza del credito da parte dell'Ente accertatore nonché ad incidere negativamente in danno del Fisco.
Così la Corte di cassazione, con ordinanza n. 25736 dell'1° settembre 2022, nel pronunciarsi in accoglimento del motivo di ricorso sollevato da una società contribuente, oppostasi ad un atto di recupero IVA, emesso dall'Agenzia delle Entrate per indebita compensazione di crediti senza dichiarazione di conformità e irrogazione della sanzione di cui all'art.13, D. Lgs. n. 471/1997.
Secondo parte ricorrente, era erroneo ritenere, così come aveva fatto la CTR, che la mancata apposizione del visto di conformità di cui all'art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, D.l. n. 78/2009 - sebbene a causa di un errore materiale non essendo stato indicato il codice fiscale del professionista per un'anomalia del software utilizzato - costituisse una violazione sostanziale, con conseguente legittima applicazione anche della sanzione comminata.
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