Può una società utilizzare i crediti d'imposta derivanti dal Superbonus in compensazione con debiti previdenziali e contributivi relativi al proprio personale dipendente?
Questo, in estrema sintesi, è il quesito a cui risponde l’Amministrazione finanziaria, con la risposta ad interpello n. 478 del 18 dicembre 2023.
La società istante fa parte di un Gruppo al cui interno vi è anche una società (Beta) che nel corso degli ultimi anni ha maturato crediti di imposta derivanti dall'applicazione del cd. sconto in fattura su interventi di ristrutturazione edilizia (cd. ''Superbonus'') di cui all'art. 119 del Decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito nella Legge n. 77 del 17 luglio 2020 (Decreto Rilancio) e interventi cosiddetti ''minori'' quali: interventi di recupero del patrimonio edilizio, interventi di riqualificazione energetica degli edifici, interventi antisismici, interventi di recupero e restauro delle facciate di edifici esistenti.
Nel mese di luglio 2023 è stato sottoscritto un accordo tra la società istante Alfa e la società Beta a seguito del quale la società non residente e priva di stabile organizzazione in Italia, ha distaccato alcuni suoi dipendenti presso l’azienda italiana Beta.
Di conseguenza, Beta anticipa, in nome e per conto di Alfa, le spese relative allo stipendio e qualsiasi voce di compensazione in denaro dei distaccati e i contributi previdenziali per i distaccati dovuti in Italia.
A seguito del suddetto accordo, inoltre, Alfa acquisirebbe alcuni crediti fiscali maturati per interventi di ristrutturazioni inclusi nel Superbonus per utilizzarli in compensazione con i contributi previdenziali dovuti per il personale specializzato che ha distaccato in Italia.
Alla luce di tutto ciò, la società istante chiede all’Agenzia delle Entrate se tale operazione di compensazione sia corretta ai fini fiscali.
Nella risposta ad interpello n. 478/2023, l’Agenzia delle Entrate parte dal ricordare la normativa sulla compensazione “orizzontale” di cui all'articolo 17 del Dlgs n. 241/1997 secondo cui “ i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Il suddetto comma 1 è stato, recentemente, oggetto di interpretazione autentica ad opera dell'articolo 2-quater del D.L. n. 11/2023 (“Decreto Cessioni”), per cui può essere interpretato nel senso che tale compensazione può avvenire anche tra crediti e debiti riferiti a enti impositori diversi.
Come si legge, poi, nella recente circolare 7 settembre 2023, n. 27/E, la suddetta norma, a titolo esemplificativo, può essere interpretata anche nel senso che è possibile estinguere i debiti previdenziali e contributivi mediante l'impiego in compensazione di crediti d'imposta derivanti da bonus edilizi.
Tale conclusione è, peraltro, in linea con quanto più volte chiarito dalla prassi amministrativa.
Infine, l’Agenzia delle Entrate ricorda anche come l'articolo 121, comma 3, del D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020, stabilisce che «[i] crediti d'imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. Il credito d'imposta è usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. La quota di credito d'imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi, e non può essere richiesta a rimborso. Non si applicano i limiti di cui all'articolo 31, comma 1, del decreto legge 31maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244».
Alla luce del quadro normativo richiamato, la risposta ad interpello n. 478/2023 ritiene condivisibile la soluzione prospettata dal contribuente, nel senso che: l'istante può compensare i crediti di imposta cosiddetti ''edilizi'', acquisiti a mezzo di cessione del credito, con le somme dovute a titolo di contributi previdenziali, il cui versamento per il tramite del Modello F24 è previsto direttamente dal citato comma 2 dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
L’Agenzia delle Entrate, inoltre, ha confermato che, in questi casi, non si applica:
Residuano, invece, gli altri limiti disposti dal medesimo articolo 121 (utilizzo «sulla base delle rate residue di detrazione non fruite» e «con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione», nonché l'impossibilità a fruire negli anni successivi della quota di credito d'imposta non utilizzata nell'anno o di chiederne il rimborso).
Infine, si ricorda che, l’irregolare utilizzo dei crediti d’imposta ai fini della compensazione dei debiti contributivi comporta il recupero della detrazione non spettante e l’applicazione delle sanzioni e degli interessi.
È esclusa, invece, l'applicazione di quanto disposto dall'articolo 1 del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, che disciplina la violazione del divieto di utilizzo in compensazione di un credito da parte dell'accollante per il pagamento di un debito di un soggetto terzo, accollato.
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