Commette reato il professionista che paga il mutuo con il prestito Covid

Pubblicato il 16 aprile 2024

Risponde del reato di malversazione ai danni dello Stato il professionista che, avendo ricevuto un finanziamento assistito dalla garanzia rilasciata dal Fondo per le PMI, durante l'emergenza Covid, impiega le somme ottenute per finalità diverse da quelle cui il prestito è destinato.

Reato di malversazione se i soldi sono utilizzati per un fine diverso

Con sentenza n. 14874 del 10 aprile 2024, la Corte di cassazione ha ribaltato la decisione con cui il Tribunale aveva annullato il sequestro preventivo, anche per equivalente, emesso nei confronti di un professionista, indagato per il reato di malversazione di erogazioni pubbliche.

Si tratta del reato previsto dall'art. 316-bis del Codice penale, che punisce, con la reclusione da sei mesi a quattro anni, il soggetto estraneo alla pubblica amministrazione che, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni, destinati alla realizzazione di una o più finalità, non li destina alle finalità previste.

Il caso esaminato

Secondo l'ipotesi accusatoria, il professionista, dopo aver ricevuto un mutuo garantito dal Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese, finalizzato ad assicurare la liquidità aziendale, lo aveva destinato, per la gran parte, all'estinzione di un precedente mutuo ipotecario della moglie e, per il residuo, a ripianare il proprio scoperto di conto corrente.

L'indagato, in altri termini, non aveva destinato il mutuo alla finalità prevista, in relazione alla quale aveva potuto accedere alla garanzia del Fondo, ma aveva impiegato gran parte delle somme ricevute per estinguere un debito della moglie.

La decisione del Tribunale del riesame

A fronte del ricorso dell'interessato, il Tribunale del riesame aveva annullato la misura del sequestro sulla base di due presupposti:

A detta del Tribunale, in altri termini, le somme erogate non erano state affatto destinate a finalità diverse da quelle consentite: l'indagato le aveva utilizzate per estinguere posizioni debitorie e, in tal modo, impiegare le proprie risorse economiche per svolgere l'attività professionale.

Peraltro, secondo l'organo giudicante, il mutuo garantito dal Fondo non aveva una finalità specifica e incompatibile con quella perseguita dall'indagato.

Il ricorso del Procuratore della Repubblica

La decisione del riesame era stata impugnata dal Procuratore della Repubblica davanti alla Corte di cassazione.

Per il ricorrente, il Tribunale era incorso in una violazione di legge, avendo erroneamente escluso la configurabilità del reato contestato, senza considerare l'indirizzo giurisprudenziale formatosi in materia.

Ai sensi del richiamato indirizzo, i finanziamenti ottenuti per far fronte alle difficoltà economiche conseguenti alla pandemia, proprio perché garantiti dallo Stato e finalizzati alla prosecuzione delle attività imprenditoriali, non possono essere destinati a finalità diverse e incompatibili con quelle indicate dalla normativa di riferimento.

La sentenza della Cassazione

La Corte di cassazione, Sesta sezione penale, ha giudicato fondato il motivo di ricorso del Procuratore.

Fondo PMI, prestiti solo per esigenze produttive

Gli Ermellini, nella loro disamina, hanno evidenziato come la garanzia prestata dal Fondo per le PMI, in quanto espressamente finalizzata a facilitare l'accesso delle piccole e medie imprese al credito, sia per sua natura funzionale all'ottenimento di finanziamenti relativi allo svolgimento dell'attività di impresa.

Inoltre, l'estensione dell'accesso alla garanzia del predetto Fondo anche a soggetti che non svolgono attività imprenditoriale, bensì professionale, non muta la necessaria destinazione del finanziamento garantito che, come detto, è quella di far fronte alle esigenze dell'attività produttiva: è in favore di quest'ultima che si prevede l'agevolazione.

In questo senso depongono sia la disciplina specificamente dettata per la garanzia del Fondo, ma anche il tenore complessivo del Decreto legge n. 23/2020, la cui finalità è quella di fornire un supporto alle attività imprenditoriali e professionali che hanno subito un danno a seguito dell'emergenza pandemica da Coronavirus.

A ben vedere, il finanziamento in esame, seppur concesso in favore del beneficiario sulla base di un contratto di diritto privato, è inserito in una cogente disciplina pubblica, atteso che è lo stesso legislatore a qualificare espressamente l'operazione di finanziamento agevolato, realizzata mediante l'intervento del Fondo centrale di garanzia PMI, come una forma di intervento pubblico nell'economia vincolata alla realizzazione dello scopo di sostegno per le imprese in crisi di liquidità per effetto della pandemia.

Era da ritenere errata, pertanto, l'affermazione contenuta nell'ordinanza impugnata secondo cui il mutuo era stato erogato senza l'indicazione di una specifica finalità, bensì per una generica esigenza di sostegno alla liquidità aziendale.

Anche a fronte dell’ampiezza della finalità della garanzia, difatti, la destinazione delle somme è da ritenere rilevante ed è comunque circoscritta all’attività professionale  .

Per la Cassazione, ciò posto, il finanziamento ottenuto doveva essere necessariamente finalizzato all'attività professionale, nozione omnicomprensiva nella quale si possono ricondurre una molteplicità di impieghi tutti compatibili con il fine sotteso all'ottenimento del beneficio.

Ad esempio - si legge nella decisione - l'erogazione poteva essere impiegata:

Prestito Covid impiegato per pagare il mutuo? E' reato  

Decisamente diversa era stata la destinazione che l'indagato aveva dato alle somme conseguite, impiegate, come detto, per estinguere un mutuo ipotecario gravante sulla casa coniugale e intestato alla moglie.

L'erogazione, ossia, era stata utilizzata per far fronte ad un debito non collegato all'attività professionale, circostanza che risultava in insanabile contrasto con la ratio stessa della normativa di riferimento.

Ed era infondata, in tale contesto, anche l'affermazione del Tribunale secondo cui, essendo l'indagato un libero professionista, non sarebbe stato possibile distinguere in maniera netta fra spese personali e professionali.

L'unicità del patrimonio personale del professionista - ha precisato la Corte - non esclude la possibilità di individuare la finalità delle singole spese sostenute, la cui natura, personale o professionale, discende essenzialmente dalla funzione che sono dirette a soddisfare.

In definitiva, erano pienamente applicabili, al caso esaminato, i principi giurisprudenziali elaborati dalla medesima Corte di legittimità in tema di legislazione emergenziale volta al sostegno delle imprese colpite dagli effetti della pandemia da Covid-19.

E' stato richiamato, in proposito, il seguente assunto:

E' configurabile il reato di malversazione nel caso in cui, successivamente all'erogazione, da parte di un istituto di credito, di un finanziamento assistito dalla garanzia pubblica rilasciata dal Fondo per le PMI, gli importi erogati non vengano destinati alle finalità cui detto finanziamento è destinato per legge.

Da qui l'annullamento, con rinvio, della decisione del Tribunale del riesame.

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