Commercialisti: per l’antiriciclaggio servono regole comuni in tutta la Ue

Pubblicato il 18 maggio 2013 In vista dell’adozione della IV direttiva antiriciclaggio da parte della Commissione europea, attualmente in corso di definizione a Bruxelles, i commercialisti degli ordini di Roma, Milano, Torino, Firenze e Bologna si sono riuniti a Roma, in un convegno di studi insieme ad esponenti istituzionali, per avanzare indicazioni circa un aggiornamento della citata normativa e auspicare così un antiriciclaggio uniforme in tutta l’Unione europea.

La Direttiva 2005/60/Ce, almeno per ciò che appare dalla traduzione italiana ad opera del Dlgs 231/2007, ha evidenziato alcuni problemi di funzionamento, che hanno creato qualche legittima perplessità soprattutto nella categoria dei dottori commercialisti.

Pur condividendo la stessa finalità - la guerra al riciclaggio di denaro sporco e il conseguente reato presupposto di evasione fiscale - è apparso evidente, negli ultimi tempi, come le scelte legislative e quelle interpretative delle varie circolari applicative abbiano messo in evidenza un distanza sempre più grande tra ciò che è richiesto ai professionisti italiani rispetto ai colleghi europei.

Il non corretto recepimento della direttiva antiriciclaggio, oltre che creare incertezze quotidiane sull’applicazione delle norme in essa contenute, ha provocato dei veri e propri squilibri per i commercialisti italiani, gravati da oneri complessi e adempimenti formali articolati, sottoponendoli anche a pesanti sanzioni amministrative e penali in caso di inosservanza.

Di qui, la presentazione di proposte che mirano ad ottenere una definizione univoca di reato fiscale a livello comunitario nonché del concetto di titolare effettivo e della sua identificazione, di eliminazione dell’obbligo di registrazione per i professionisti e di applicazione del principio di proporzionalità, al fine di assicurare ai tecnici italiani che gli adempimenti richiesti in materia di antiriciclaggio siano il più chiari e semplici possibili, collegati alla specifica attività professionale svolta oltre che compatibili e adeguati alle dimensioni degli studi.

Una richiesta avanzata a gran voce è stata quella di rivedere l’obbligo di registrazione delle operazioni sospette, trattandosi di una peculiarità tutta italiana, che forse a causa di una traduzione troppo zelante dall’inglese è sfociata in una vera e propria anomalia, soprattutto se si considera che con l’anagrafe fiscale dei conti correnti è possibile già rintracciare i dati. Si auspica, così, un'unificazione della procedura.

Fondamentale, infatti, secondo le richieste dei cinque grandi Ordini, è l’introduzione della collaborazione e dello scambio di informazioni fra tutti i soggetti coinvolti nella lotta al riciclaggio di denaro, utilizzando i dati dei grandi intermediari per evitare duplicazioni per i professionisti soprattutto se appartenenti a studi più piccoli e periferici.
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