Da più parti si percepisce sempre più spesso un sentimento di preoccupazione in merito alle varie tipologie di collaborazione, a far data dal prossimo 1 gennaio 2016.
A tal proposito con il presente elaborato si cercherà di far chiarezza sulle disposizioni in vigore e quelle che entreranno in vigore dall’inizio del nuovo anno, dando, laddove possibile, alcuni suggerimenti.
L’art. 52, D.Lgs. 81/2015, ha stabilito che, a decorrere dal 25 giugno 2015, le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003 sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del decreto stesso (ovvero 25 giugno 2015).
Conseguentemente, da tale data non è più possibile stipulare contratti di co.co.pro., ma la disciplina degli stessi continua ad applicarsi a quelli in vigore, fino alla loro scadenza che può ben essere oltre l’1 gennaio 2016.
Quindi nessun rischio c’è per le co.co.pro. genuine, stipulate fino al 24 giugno scorso, almeno fino alla scadenza stabilita nel contratto.
Tuttavia è d’obbligo evidenziare che nonostante la dottrina ritenga che, per i contratti a progetto già in essere al 25 giugno 2015, sia consentita anche la proroga, purché la stessa sia funzionale alla realizzazione del progetto, tale da estendere il contratto anche oltre l’entrata in vigore del decreto, non della stessa opinione sembrano essere gli organi ispettivi che, in pratica tendono a qualificare indistintamente come rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato le collaborazioni a progetto giunte a scadenza e prorogate dopo il 25 giugno 2015.
Alla luce di quanto sopra, per evitare contenziosi, potrebbe essere utile, alla conclusione del contratto a progetto, stipulare con il medesimo lavoratore – così come suggerito dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro con circolare n. 13 del 25 giugno 2015 - un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, purché la co.co.co. sia genuina.
Infatti, ai sensi dell’art. 52, c. 2, D.Lgs. n. 81/2015, resta salvo quanto disposto dall'articolo 409 del codice di procedura civile.
Il comma 2, dell’art. 61, D.Lgs. n. 276/2003, escludeva dalle disposizioni di cui al comma 1 le prestazioni occasionali, intendendo per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare fosse superiore a 5 mila euro.
Stiamo parlando delle cosiddette mini-co.co.co., ovvero le collaborazioni che non necessitavano di progetto perché caratterizzate da:
Ebbene, dal dettato legislativo emerge che anche tali contratti sono stati abrogati dal 25 giugno 2015, salvo, per quelli già in essere, la possibilità di arrivare alla loro scadenza, che può anche essere successiva all’1 gennaio 2016.
Tuttavia, poiché nel caso di specie si tratta pur sempre di contratti di collaborazione coordinata e continuativa che, per l’appunto, non necessitavano di progetto per la brevità della durata e l’esiguità del compenso, nulla vieta ai committenti di stipulare con gli stessi lavoratori, successivamente alla scadenza ed anche dopo l’1 gennaio 2016, contratti di co.co.co. senza più limiti di alcun genere.
Quindi, alla scadenza delle vecchie co.co.pro. e mini co.co.co., è possibile stipulare con i medesimi lavoratori nuove collaborazioni coordinate e continuative ex art. 409 c.p.c., senza limiti né progetti di alcun tipo.
Tuttavia occorre fare molta attenzione perché ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 81/2015, a far data dal 1° gennaio 2016, vige una presunzione di subordinazione relativa, in forza della quale si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Posto che:
la genuinità delle collaborazioni sarà, quindi, valutata sulla base delle modalità organizzative adottate dall’azienda.
Per evitare che i nuovi e “genuini” contratti di collaborazione coordinata e continuativa vengano trasformati in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, si consiglia di certificarli dinanzi alle Commissioni di certificazioni di cui all’art. 76, D.Lgs. n. 276/2003, le quali saranno chiamate a “certificare” l’assenza dei requisiti di eterodeterminazione della prestazione lavorativa.
A tal proposito si ricorda che nei confronti dell'atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l'atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l'Autorità Giudiziaria di cui all'articolo 413 c.p.c., solo per:
Sempre presso la medesima Autorità Giudiziaria, le parti del contratto certificato possono impugnare l'atto di certificazione anche per vizi del consenso.
Tutto quanto fino ad ora esposto vale solo nel caso in cui la collaborazione coordinata e continuativa da stipulare sia genuina e siano state genuine anche le vecchie co.co.co. e mini-co-co.co.
Qualora si dovessero avere dubbi in merito, si suggerisce di usufruire della sanatoria prevista dal Legislatore all’art. 54, D.Lgs. n. 81/2015.
Infatti, dall’1 gennaio 2016 i datori di lavoro privato potranno assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato i soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto.
La stabilizzazione comporterà l'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente all’assunzione.
Tuttavia, per fruire della stabilizzazione:
Quadro delle norme |
Art. 2113 c.c. Artt. 409 e 413 c.p.c. D.Lgs. n. 276/2003 Legge n. 81/2015 Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, circolare n. 13 del 25 giugno 2015 |
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