FNC (Fondazione commercialisti) e CNDCEC pubblicano il documento: “La riforma del codice antimafia: le problematiche applicative e il ruolo del professionista post riforma”.
Nell'introduzione si ricorda che il 4 novembre 2017 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale (n. 258) la legge 17 ottobre 2017 n. 161, in vigore dal 19 novembre 2017, che ha riformato il codice antimafia e le misure di prevenzione.
Tra le criticità della disciplina, che vede in maggioranza i commercialisti quali amministratori giudiziari, il limite quantitativo al numero dei mandati, massimo tre per amministratore: la nomina in tre “collegi” saturerebbe ogni ulteriore attività del professionista.
Per rendere più efficiente l'istituto in esame e nell’ottica di agevolare la specializzazione, l'innalzamento del livello di professionalità e l'ampliamento della platea di professionisti competenti (così, in prospettiva, da scongiurare il rischio di inopportuni accumuli di incarichi in capo ai medesimi soggetti), sarebbe opportuno prevedere, nel caso di nomina di più amministratori, l'affiancamento a professionisti dotati di adeguata esperienza di settore, di professionisti, anche giovani, con minore esperienza, il tutto secondo l’apprezzamento del Tribunale.
Nel merito della relazione del professionista sullo stato dell’azienda e sulla sua capacità di sopravvivenza, Valeria Giancola e Giuseppe Tedesco, i consiglieri delegati al gruppo che ha elaborato il documento, spiegano che “mancano sia i parametri per fare questa relazione sia indicazioni chiare su chi debba accollarsi il costo di questa attività, che per i commercialisti deve essere una spesa di giustizia, ma che per come è scritta la norma (articolo 41 del Cam) potrebbe spettare all’azienda e quindi essere 'a rischio', se l’azienda si scopre decotta e incapiente”.
Il documento è concluso con un auspicio, che l'ANBSC (Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) adotti, a seguito dell'eliminazione dal codice antimafia del richiamo al d.P.R. n. 177/2015 e dell'introduzione della disciplina dell'equo compenso, un proprio tariffario per i coadiutori che recepisca i principi della nuova normativa sull'equo compenso rinviando, per l'effetto, alle tabelle ministeriali dei parametri utilizzati in sede giudiziale per le professioni ordinistiche o in alternativa allo stesso d.P.R. n. 177/2015, al quale la regolamentazione pattizia potrebbe comunque rinviare.
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