Illegittima la Cassa integrazione utilizzata a fronte di situazioni in cui non vi sia una oggettiva difficoltà aziendale nella regolare continuazione della propria attività produttiva e con accertate finalità ritorsive, per ovviare al divieto di licenziamento. Lo ha statuito il Tribunale di Roma, IV Sezione Lavoro, con ordinanza del 30 giugno 2021.
Con ricorso ex art. 700 c.p.c., un lavoratore posto in CIGO con causale Covid-19 a zero ore (dal 12.04.2021 e per 13 settimane) chiedeva al giudice del lavoro territorialmente competente di accertare l'illegittimità del provvedimento (datato 9.04.2021) di concessione dell’ammortizzatore sociale.
Il ricorrente chiedeva di essere riammesso in servizio presso la propria sede di lavoro e con le mansioni assegnategli nonchè di condannare il datore di lavoro al pagamento:
Il ricorrente deduceva inoltre che il provvedimento di collocamento in CIGO a zero ore con causale Covid-19 era stato adottato in mancanza dei presupposti legali in quanto l’azienda avrebbe utilizzato l’ammortizzatore sociale non già per far fronte ad eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, o per permettere al datore di lavoro di fronteggiare l'emergenza sanitaria, ma solo a fine ritorsivo e comunque, in considerazione del vigente divieto di licenziamento, per attuare politiche di riorganizzazione aziendale dettate da ragioni di pura convenienza economica.
Infine, il lavoratore denunciava un pregiudizio economico imminente e irreparabile, in considerazione della drastica riduzione in atto della retribuzione a lui contrattualmente spettante, nonché del danno alla sua professionalità derivante dalla sospensione dalla prestazione lavorativa.
La società datrice di lavoro costituitasi in giudizio chiedeva di rigettare la domanda cautelare del lavoratore eccependo pregiudizialmente l’incompetenza territoriale del Tribunale adito nonchè l’inammissibilità del ricorso per vizi formali.
Nel merito poi, e con riferimento all’asserita legittimità del provvedimento di sospensione in CIGO, l’azienda rilevava che la normativa emergenziale (art.19 del Cura Italia, decreto legge n. 18/2020) permetteva il ricorso all’ammortizzatore sociale anche in caso di mera riorganizzazione aziendale e “in assenza di fattori idonei a comprimere i volumi d’affari della società”.
Il Tribunale di Roma, in qualità di giudice del lavoro, respinge in prima battuta l'eccezione di incompetenza territoriale sulla base della constatazione che la sede di lavoro del lavoratore è ravvisabile laddove sono collocati i beni assegnati al lavoratore per lo svolgimento delle sue mansioni e facenti parte del complesso aziendale.
Sul punto si richiama l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che è più volte ricorsa alla nozione di dipendenza aziendale non coincidente con quello di unità produttiva e da intendersi in senso lato. Si è affermato (Cass. civ. Sez. VI - Lavoro, Ord., (ud. 04-04-2013) 15-07-2013, n. 17347; ex plurimis Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ord., 03/03/2021, n. 5726) che: "Condizione minima, ma sufficiente a tal fine, è [--} che l'azienda disponga in quel luogo di un nucleo di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, cioè destinato al soddisfacimento delle finalità imprenditoriali, "anche se modesto e di esigue dimensioni"; è sufficiente che in tale nucleo operi anche un solo dipendente e non è necessario che i relativi locali e le relative attrezzature siano di proprietà aziendale, ben potendo essere di proprietà del lavoratore stesso o di terzi...Ancor più consistente è la convergenza nelle soluzioni in concreto adottate: si è ritenuta sussistente la "dipendenza aziendale alla quale è addetto il lavoratore" anche nella residenza del lavoratore quando questi svolga l'attività lavorativa in tale luogo, avvalendosi di strumenti destinati all'attività aziendale, individuati in genere in un "computer" collegato con l'azienda e nei relativi strumenti di supporto."
Andando al merito della questione, appare del tutto “verosimile”, nella fattispecie in esame, l'illegittimità del provvedimento di concessione della CIGO con causale Covid-19 a zero ore sulla scorta delle seguenti considerazioni.
La CIGO, che integra o sostituisce la retribuzione dei lavoratori a cui è stata sospesa o ridotta l'attività lavorativa, è concessa per le seguenti causali:
secondo le disposizioni di cui al decreto del Ministro Del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 95442 del 15 aprile 2016.
Limitatamente all'emergenza epidemiologica, il Cura Italia (decreto legge n. 18 del 2020, art. 19), prevede inoltre che i datori di lavoro possano sospendere o ridurre l’attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Emerge pertanto evidente che la CIGO possa essere concessa esclusivamente in situazioni in cui vi sia una oggettiva difficoltà aziendale nella regolare continuazione della propria attività produttiva. Una situazione che non è rinvenibile nel caso di specie, considerando che la società datrice di lavoro non solo non ha subito alcuna compressione della propria attività produttiva, ma ha anche dichiarato di aver avuto ''performance di gran lunga migliori di quelle che ha/atto il mercato".
Il Tribunale di Roma sottolinea come il provvedimento di collocamento in cassa integrazione adottato fosse in realtà funzionale a “consentire alla società di liberarsi dall'obbligazione remunerativa nei confronti del ricorrente, nell'impossibilità legale di procedere al suo licenziamento , riuscendo così nell'intento di realizzare la varata riorganizzazione”.
Non può invece essere accolta in sede cautelare la richiesta del lavoratore di vedersi riconoscere il pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale all'immagine ed alla professionalità perchè, da un lato, la dichiarazione di illegittimità della sospensione dal lavoro è di per sè idonea ad evitare nell'immediato il pregiudizio economico e dall'altro, essendo il risarcimento un rimedio di natura patrimoniale, è differibile ad una valutazione in sede ordinaria.
In conclusione, il Tribunale di Roma, IV Sezione Lavoro, con ordinanza del 30 giugno 2021, accogliendo il ricorso ex art. 700 c.p.c., dichiara l'illegittimità del provvedimento con il quale era stata disposta la sospensione della prestazione lavorativa del lavoratore con collocamento in CIGO con causale Covid-19 a zero ore, ordinando all’azienda di riammetterlo in servizio presso la propria sede di lavoro con le mansioni assegnategli e condannando al versamento in suo favore delle differenze retributive relative alla mensilità di aprile 2021 e al pagamento integrale delle mensilità successivamente maturate, oltre versamento dei contributi previdenziali omessi.
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