La Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha confermato la sanzione amministrativa pecuniaria inflitta ad un operatore telefonico, che aveva utilizzato, allo scopo di effettuare chiamate promozionali, dati acquisiti da società di servizi informatici e derivanti da elenchi telefonici pubblici, senza inoltrare la prescritta informativa per l’acquisizione del consenso degli interessati.
A seguito di attività ispettiva, l’Autorità Garante aveva dapprima inflitto un provvedimento inibitorio ed in seguito uno sanzionatorio. Con quest’ultimo, in particolare, contestava all'operatore plurime violazioni di differenti disposizioni del Codice Privacy. Tra di esse, l’aver effettuato il trattamento dati personali acquisiti dalle menzionate società, senza il preventivo consenso degli interessati (artt. 161 e 162 comma 2 bis) e l’aver commesso le predette violazioni, in relazione a banche dati di particolare rilevanza e dimensioni (art. 164 bis comma 2).
Respingendo le censure dell’operatore, la Suprema Corte ha affermato che l’ultima contestazione ex art. 164 bis comma 2, D.Lgs. 196/2003 non costituisce, come paventato dal ricorrente, un’ipotesi aggravata rispetto alle altre semplici richiamate, ma una figura di illecito del tutto autonoma.
In essa si prevede infatti la possibilità che vengano infrante dal contravventore, anche con più azioni ed in tempi diversi, una pluralità di ipotesi semplici; però unitariamente considerate dalla norma in riferimento a “banche dati di particolare rilevanza e dimensioni”.
Sicché in caso di concorso di violazione di altre disposizioni unitamente a quella esaminata – conclude la Corte con sentenza n.17143 del 17 agosto 2016 - non consegue un’ipotesi di fattispecie aggravata, bensì di cumulo materiale delle sanzioni amministrative.
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