Chi risponde dei debiti tributari dell’associazione?

Pubblicato il 08 dicembre 2018

La responsabilità solidale personale riconosciuta, ai sensi dell’articolo 38 del Codice civile, in capo a chi agisce in nome per conto dell'associazione non riconosciuta, ponendo in essere, a prescindere dalla rappresentanza formale dell'ente, la concreta attività negoziale riferibile all'associazione stessa, è applicabile anche ai debiti di natura tributaria.

Anche per i debiti d'imposta delle associazioni non riconosciute, che non sorgono su base negoziale, ma "ex lege" al verificarsi del relativo presupposto, non è, infatti, escluso che, in aggiunta alla responsabilità del fondo comune, possa essere chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato.

Tuttavia, il richiamo all'effettività dell'ingerenza, implicito nel riferimento all'aver "agito in nome e per conto dell'associazione" espressamente contenuto nell'articolo 38 citato, vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa investitura.

Chi invoca in giudizio tale responsabilità, in tale contesto, ha l'onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell'interesse dell'associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all'interno dell'ente.

Va accertata la concreta ed effettiva attività di amministrazione

E’ sulla base di questi assunti che la Corte di cassazione, con sentenza n. 25650 depositata il 15 ottobre 2018, ha accolto uno dei motivi lamentati dai ricorrenti, ex membri del Consiglio direttivo di un’associazione non riconosciuta, contro la decisione di merito che aveva affermato la loro responsabilità, in quanto “coatori materiali”, rispetto a diversi debiti tributari riferibili all’ente.

Aderendo alle doglianze prospettate dai ricorrenti, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la pronuncia impugnata fosse viziata posto che, in sede di merito, non era stata compiuta alcuna valutazione dell'attività concretamente svolta dai deducenti.

A questi, infatti, era stata estesa la responsabilità solidale per i debiti tributari dell'ente senza procedere con il necessario accertamento non tanto della carica di amministratori da loro rivestita, bensì del fatto che gli stessi avessero svolto effettivamente e concretamente attività di amministrazione.

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