Cessione d'azienda con contestuale vendita delle rimanenze. Occhio all'abuso di diritto
Pubblicato il 25 luglio 2013
La Corte di cassazione, con la sentenza n.
17956 del 24 luglio 2013, ha ribaltato la decisione con cui i giudici di merito avevano escluso l'elusività di un'operazione di cessione d'azienda operata da un'impresa sottoposta a concordato preventivo.
Accogliendo le deduzioni rese dall'agenzia delle Entrate, la Suprema corte ha ritenuto che l'operazione posta in essere, accompagnata dalla contestuale vendita delle rimanenze del magazzino, fosse stata concretizzata al solo scopo dell'ottenimento di un indebito risparmio d'imposta.
Anche nell'ipotesi di specie – si legge nel testo della decisione – deve ritenersi applicabile l'articolo 37-bis del Dpr n.
600/1973, essendo evidente che l'atto fosse finalizzato ad aggirare obblighi e conseguire vantaggi fiscali ottenuti
“mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei a ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta”; ed infatti, non erano ravvisabili delle ragioni economiche diverse dalla mera aspettativa di quei benefici.