La Corte europea dei diritti dell’uomo ha rigettato i rilievi sollevati in due cause concernenti l’imposta sulle indennità di espropriazione in Italia.
I ricorrenti avevano adito i giudici europei lamentando l’assoggettamento, rispetto all’espropriazione di alcuni loro terreni, della tassa d’imposizione del 20%, per come prevista nel nostro Paese.
Le rispettive richieste, volte ad invocare la protezione del diritto di proprietà, sono state giudicate irricevibili in quanto - a detta della CEDU – l’imposta contestata non pregiudicherebbe l’equilibrio necessario tra i diritti dei ricorrenti e l’interesse generale al prelievo dell’imposta, in considerazione, in particolare, del margine di manovra di cui godono gli Stati in materia di politica fiscale.
Da una parte – ha sottolineato la Corte - l’imposta, compresi il relativo tasso e le modalità di recupero, sono a discrezione del legislatore italiano. Dall’altra, un tasso del 20% non è da ritenere “proibitivo”.
Senza contare che, nella specie, la tassa riscossa non avrebbe avuto l'effetto di annullare la compensazione o di imporre un eccessivo onere finanziario alle ricorrenti.
E’ quanto concluso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, con due decisioni sui ricorsi n. 60633/16 e n. 50821/06, rese note con comunicato dell’8 febbraio 2018.
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