La Corte di cassazione in tema di illegittima CIGS: inadempimento del datore, il lavoratore va risarcito.
Il protrarsi arbitrario della sospensione del rapporto a causa dell'illegittima collocazione in cassa integrazione determina la responsabilità per inadempimento contrattuale del datore di lavoro.
A tale inadempimento consegue il diritto del lavoratore a vedersi integralmente risarciti i danni subiti, da determinarsi ai sensi dell'art. 1223 c.c., commisurandoli, almeno, all'entità dei compensi retributivi che egli avrebbe maturato durante l'intero periodo di inadempimento.
E ancora: la violazione dei criteri, stabiliti in sede di contrattazione collettiva, per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione comporta, per il lavoratore ingiustificatamente sospeso, non il diritto alla riammissione in servizio, versandosi in tema di facere infungibile fuori della sfera di operatività dell'art. 18, Legge n. 300/1970, ma solo il diritto al risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla differenza tra le retribuzioni spettanti nel periodo di ingiustificata sospensione del rapporto ed il trattamento di cassa integrazione corrisposto nello stesso periodo.
In tale contesto, il diritto del lavoratore al risarcimento è assoggettato alla prescrizione ordinaria decennale e non alla prescrizione breve quinquennale.
Sono questi i principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, per come ribaditi dalla Corte di cassazione in due recenti sentenze – nn. 10377 e 10378 – depositate il 20 aprile 2021 ed aventi ad oggetto il risarcimento per illegittima collocazione in CIGS.
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