Tra i principi generali in materia di ammortizzatori sociali previsti dal Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148, vi è la preclusione di cumulare il trattamento di integrazione salariale con le giornate di lavoro effettuate, nonché la decadenza del diritto alla percezione dei sopradetti trattamenti a sostegno del reddito nel caso in cui il lavoratore non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede INPS competente dello svolgimento di attività lavorativa autonoma o subordinata, secondo le indicazioni già richiamate nella Circolare INPS 6 maggio 2014, n. 57.
Come noto, e richiamato dagli esperti della Fondazione Studi, la cumulabilità e/o compatibilità tra la percezione dei trattamenti di integrazione salariale con lo svolgimento di ulteriore attività lavorativa può dar luogo ad una delle seguenti fattispecie.
Ragionevolmente, sussiste la totale cumulabilità tra percezione delle integrazioni salariali e la remunerazione dell’ulteriore attività lavorativa laddove la nuova attività intrapresa sia collocata temporalmente in altre ore della giornata o in periodi diversi dell’anno, sicché lo svolgimento di entrambe le attività lavorative – alla conclusione del periodo di sospensione o riduzione – sia, comunque, perseguibile.
L’ipotesi può essere ricondotta, ad esempio, nei casi in cui il prestatore di lavoro abbia in essere due rapporti di lavoro a tempo parziale, siano essi verticali o orizzontali, ovvero nei casi in cui vi sia un rapporto di lavoro a tempo pieno ed uno a tempo parziale, purché le due attività siano compatibili e vengano rispettati i termini dell’orario massimo settimanale di lavoro.
Come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 195/1995 e ribadito dall’Istituto previdenziale nella Circolare n. 107/2010 “il nuovo impiego a tempo pieno e senza prefissazione di termine, alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, comporta la risoluzione del rapporto precedente e, quindi, (…) la perdita del diritto al trattamento di integrazione salariale per cessazione del rapporto di lavoro che ne costituiva il fondamento”. Pertanto, è possibile riscontrare una piena incompatibilità nei casi in cui il lavoratore beneficiario abbia stipulato un nuovo contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato.
Ove la nuova attività lavorativa intrapresa sia sovrapponibile all’orario di lavoro del rapporto sospeso o ridotto con accesso agli ammortizzatori sociali, vige la regola generale secondo cui non è dovuta la percezione dell’integrazione salariale per le giornate nelle quali il beneficiario sia stato impiegato in attività remunerate. Nel caso in cui, però, dalla nuova attività lavorativa prestata derivi un compenso inferiore all’integrazione stessa, il lavoratore avrà diritto a percepire la differenza tra l’importo dell’integrazione salariale spettante ed il reddito percepito.
Ciò assunto, nel caso in cui il beneficiario dell’integrazione salariale stipuli un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato ovvero a tempo parziale, sarà possibile cumulare la percezione degli ammortizzatori sociali con il reddito derivante dalla nuova attività nei limiti del trattamento di integrazione salariale stesso.
Il medesimo ragionamento appare, altresì, applicabile ai casi in cui il beneficiario stipuli un contratto di lavoro intermittente. In tale ultima ipotesi, ove il lavoratore venga chiamato a prestare la propria opera in giorni ed orari non coincidenti con il contratto di lavoro che ha dato luogo all’integrazione salariale, non sussistono cause di incompatibilità della prestazione ovvero di incumulabilità dei compensi. Diversamente, nel caso in cui la prestazione si realizzi in orari coincidenti sarà necessaria una distinzione a seconda che sussista o meno la percezione dell’indennità di disponibilità. In particolare, ove sussista un obbligo di risposta, il trattamento di integrazione salariale andrà sospeso. Nel caso in cui, invece, vi sia la facoltà di risposta potrebbe realizzarsi una cumulabilità parziale con le giornate in cui si è eseguita la prestazione lavorativa perdendo il trattamento in trattazione per le sole giornate in cui il lavoratore è stato effettivamente chiamato a prestare servizio.
La prestazione di lavoro resa in forza di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa risulta compatibile con la percezione del trattamento di integrazione salariale. In tali casi, però, il lavoratore dovrà fornire idonea documentazione all’Istituto previdenziale per dimostrare gli effettivi guadagni al fine di consentire l’erogazione dell’eventuale quota differenziale di integrazione salariale.
Allo stesso modo dovrà comportarsi il lavoratore beneficiario di integrazioni salariali che intraprende una nuova attività di lavoro autonomo. Invero, il beneficiario dovrà dimostrare e documentare l’effettivo ammontare dei guadagni e la loro collocazione temporale al fine di consentire all’Istituto previdenziale di riparametrare il differenziale di integrazione salariale. Ove la ricostruzione dei redditi percepiti in forza della nuova attività non sia facilmente quantificabile o collocabile temporalmente, l’INPS procederà alla sospensione dell’erogazione sin dal momento della comunicazione preventiva concernente l’intenzione di intraprendere una nuova attività di lavoro autonomo.
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