Cassa Forense può procedere alla rettifica della liquidazione della pensione ma solo entro determinati limiti temporali.
Lo ha ribadito la Corte di cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza n. 16415 del 19 giugno 2019.
I giudici di Piazza Cavour, in particolare, hanno richiamato una precedente pronuncia di legittimità (n. 501/2009), secondo cui, in materia di previdenza forense, essendo assente una specifica norma che consenta a Cassa Forense - ente con personalità di diritto privato - di rettificare senza limiti di tempo la misura della pensione da essa liquidata (a differenza di quanto è previsto in riferimento alle gestioni previdenziali affidate all'INPS), detto potere può essere esercitato nei limiti della prescrizione decennale.
Questo, secondo quanto si può desumere dall'art. 20 della Legge n. 576/1980, che prevede la facoltà dell'ente previdenziale di controllare, all'atto della domanda di pensione, la corrispondenza tra le dichiarazioni annuali dei redditi e le comunicazioni annualmente inviate dallo stesso iscritto, limitatamente agli ultimi dieci anni.
Nel caso sottoposto all’esame della Suprema corte, è stato respinto il ricorso di un avvocato contro la decisione che, nel merito, aveva rigettato la sua domanda nei confronti della Cassa di Previdenza e Assistenza Forense, intesa ad ottenerne la condanna alla corresponsione in suo favore di una pensione annua lorda in una misura maggiore di quella riconosciutagli, e ciò sulla base dell'obbligazione che assumeva essere stata originariamente assunta dalla Cassa con proprie determinazioni e di cui alle collegate comunicazioni.
Nella decisione, gli Ermellini hanno precisato che l’avvenuta privatizzazione di Cassa Forense “non vale a mutare la natura assolutamente indisponibile ed inderogabile delle norme - di legge o regolamentari - disciplinanti la prestazione previdenziale”.
Alla stessa, quindi, non si può applicare lo schema privatistico "proposta contrattuale- accettazione".
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