Ruggiero lavora per la “Veloce&Furente sas”, specializzata nella commercializzazione di automobili sportive con marchi provenienti da tutto il mondo; non si occupa di vendita, ma di profilazione dell’utenza che entra in contatto con la concessionaria.
Quando una coppia di persone accede all’interno dell’autosalone, Ruggiero si dirige immediatamente verso i potenziali clienti, i quali, però, invece di mostrare spavaldamente la patente sportiva come spesso fanno gli avventori della concessionaria, esibiscono il temuto tesserino ispettivo.
Effettuati i primi controlli, i funzionari ministeriali appurano che la società rivenditrice di auto ha otto dipendenti con contratto di lavoro subordinato e un collaboratore coordinato e continuativo, Ruggiero. Sicché, come bracchi che fiutano ogni cespuglio per stanare chi vi si nasconde all’interno, la coppia ispettiva indaga immediatamente la genuinità di tale collaborazione.
Gli ispettori accertano che Ruggiero nel corso della sua prestazione non si avvale di collaboratori e opera con modalità ripetitive in un arco temporale organizzato secondo criteri stabiliti dal committente (art. 2 comma 1 del D.lgs. n. 81/2015; Ministero del Lavoro Circolare n. 3 del 01/02/2016).
“Collaboratore di nome, subordinato di fatto”, chiosano con assoluta certezza gli ispettori. “Che cosa significa?”, chiede Ruggiero. “Che al termine degli accertamenti il suo datore di lavoro dovrà riconoscerle tutte le tutele spettanti ai lavoratori subordinati …senza però trasformarla in lavoratore subordinato!”.
“Mi state prendendo in giro? – ribatte un attonito Ruggiero – È come se fossi il possessore di una Smart e voi mi obbligaste ad utilizzarla off-road come un gippone!”. “A noi non interessa il nome della vettura che guidi, se la legge dice che ha caratteristiche assimilabili a quelle di un fuoristrada …ti iscriviamo al Camel Trophy!”.
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