Con comunicato del 4 marzo 2015, l’Unione delle Camere penali italiane ha espresso perplessità sul neo introdotto reato di omicidio stradale, che ha definito quale “mistificazione” o addirittura come “forma di imbarbarimento” del diritto penale.
Trattasi innanzitutto di “falso messaggio mediatico” quello secondo cui i “pirati della strada” rimanessero prima impuniti, essendo il fatto già previsto come reato ex art. 589 comma 3 c.p., tra l’altro severamente punito (dai tre ai dieci anni), cui spesso andava ad aggiungersi l’aggravante della previsione dell’evento ex art. 61 comma a 3 c.p. A ciò, va inoltre aggiunto che i giudici, vista la rilevanza sociale ed intollerabile del fenomeno, andavano spesso ad applicare sanzioni piuttosto severe se non a qualificare i fatti come dolosi.
In secondo luogo, le Camere penali censurano il metodo di approvazione di una legge penale che, tanto importante da condizionare i comportamenti dei consociati, avrebbe dovuto essere frutto di un ampio consenso, previo dibattito parlamentare e non si ricorso alla fiducia, con il solo obiettivo di raccogliere facile approvazione pubblica.
Ritenute inconcepibili, inoltre, pene tante elevate e termini di prescrizione tanto lunghi (tempo minimo, salvo casi di interruzione, pari a 24 anni), per un fatto qualificato come colposo.
Appare allo stesso modo insensato non aver previsto un’apposita attenuante ad effetto speciale per chi presta soccorso dopo l’incidente; il che costituisce un vero e proprio incentivo alla fuga.
Altro punto in contestazione, è la istituita presunzione di colpa e di causalità tra lo stato di ebbrezza e l’evento lesivo. Concetto inconcepibile secondo i principi base del diritto penale, per cui l’evento deve essere la concretizzazione del rischio specifico insito nella guida in elevato stato di ebbrezza.
Occorrerebbe piuttosto verificare, dunque, che l’evento sia dovuto proprio alla incapacità del conducente di osservare le regole sulla circolazione stradale in ragione dell’alterazione delle sue condizioni psico fisiche dovute all'ingestione di alcool o stupefacenti, mentre non è ammissibile la codificazione di una colpa in re ipsa.
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