La valuta virtuale deve essere considerata uno strumento di investimento in quanto consiste in un prodotto finanziario.
Essa, pertanto, va disciplinata con le norme in tema di intermediazione finanziaria di cui agli artt. 94 e seguenti del TUF che garantiscono, attraverso una disciplina unitaria di diritto speciale, la tutela dell'investimento.
Chi eroga detti servizi, ciò posto, è tenuto a un innalzamento degli obblighi informativi verso il consumatore, al fine di consentire allo stesso di conoscere i contenuti dell'operazione economico - contrattuale e di maturare una scelta negoziale meditata.
E' quanto puntualizzato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 44378 del 22 novembre 2022, pronunciata in accoglimento del ricorso della procura contro la decisione di rigetto della richiesta di disporre il sequestro preventivo di un "wallet" contenente 30 bitcoin asseritamente oggetto del delitto di autoriciclaggio, per il quale un soggetto era indagato.
Il Tribunale del riesame, confermando l'ordinanza del GIP, aveva rilevato il difetto del fumus commissi delicti in relazione alla sussistenza del delitto presupposto di esercizio abusivo dell'attività finanziaria, per come contestato nell'ambito dell'imputazione provvisoria.
Per la Suprema corte, tuttavia, la motivazione del Tribunale, secondo cui non sussistevano indizi del reato di cui all'art. 166 comma 1 del D. Lgs. n. 58/1998 in considerazione dell'assenza di specifici accertamenti tali da ritenere configurata una "offerta di servizi o attività di investimento", era contraddittoria con i fatti riassunti nell'ordinanza impugnata ed integrava, pertanto, una violazione di legge.
La Cassazione, sul punto, ha richiamato una sentenza con cui il Tribunale di Verona ha qualificato "strumenti finanziari" alcune valute virtuali acquistate su una piattaforma di scambio, facendo propria la tesi - richiamata anche dal PM nel suo ricorso - secondo la quale caratteri distintivi dell'investimento di tipo finanziario sono:
Tutti i predetti caratteri erano presenti nella vicenda esaminata, in quanto i soggetti interessati all'investimento avevano:
Ciò posto, la valuta virtuale andava considerata come strumento d'investimento e, quindi, disciplinata con le norme del TUF.
Di alcun rilievo, in tale contesto, il fatto che i soggetti che avevano conferito il capitale non avevano presentato denunce: proprio il rischio assunto, di cui erano consapevoli, rafforzava la conclusione che l'operazione posta in essere costituiva un vero e proprio investimento.
La decisione impugnata, in definitiva, meritava di essere annullata, con rinvio per un nuovo giudizio di merito.
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