Un amministratore giudiziario si rivolge all'Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 114/2017) per conoscere la corretta interpretazione dell’articolo 50 del Decreto legislativo n. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia) sulla confisca di beni, aziende o partecipazioni societarie sequestrati.
L'Agenzia si esprime in merito all'ambito soggettivo e temporale di applicazione della norma, tenendo conto che nel corso dell'amministrazione giudiziaria dell'impresa commerciale, che era stata sequestrata ad un contribuente, cui aveva fatto seguito la sua confisca, erano sorti debiti fiscali Iva e Irpef, a titolo di ritenuta d’acconto, debiti verso la Camera di commercio e debiti previdenziali Inail.
L’amministratore giudiziario aveva presentato (per conto dell'indiziato) le dichiarazioni Unico e Iva per gli anni oggetto dell’amministrazione giudiziaria esclusivamente in riferimento ai redditi prodotti dai beni sequestrati.
Secondo la generica formulazione dell'articolo 50 del Codice antimafia, l'istante riteneva che i suddetti debiti avrebbero dovuto estinguersi per confusione. La norma, infatti, stabilisce che in caso di confisca di beni, aziende e partecipazioni sequestrate alla criminalità organizzata "i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell'articolo 1253 c.c.".
Analizzando il disposto normativo di cui al suddetto articolo 50, l'Agenzia delle Entrate, nella risoluzione n. 114/E/2017, assume una posizione diversa rispetto a quella dell'istante.
Si specifica nel documento di prassi che per far scattare l'azzeramento dei crediti erariali è necessario, da una parte, che la confisca diventi definitiva e, dall'altra, che venga meno la dualità dei soggetti del rapporto obbligatorio e confluisca nello stesso soggetto (Stato/Erario) la qualità di debitore e creditore d'imposta.
Sulla base di tali premesse, l'Agenzia arriva alla conclusione che:
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