La Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, ha confermato la sanzione disciplinare dell’avvertimento inflitta ad un avvocato – respingendone il ricorso – per aver lo stesso accettato l’incarico di impugnare una cartella di pagamento dinnanzi alle Commissioni tributarie, senza poi proseguire l’azione.
Tra i vari motivi di ricorso, l’avvocato eccepiva, in particolare, la prescrizione dell’azione disciplinare, secondo le previsioni della nuova legge professionale (Legge 247/2012), a suo parere applicabile anche ai procedimenti pendenti (come quello di specie), in quanto più favorevole.
Tuttavia, secondo le Sezioni Unite, in materia di sanzioni disciplinari a carico di avvocati, l’art. 65 comma 5 Legge 247/2012 – nel prevedere, con riferimento alla nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, che le norme contenute nel nuovo codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato – riguarda esclusivamente la successione nel tempo delle norme del previgente e del nuovo codice deontologico.
Ne consegue che per l’istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale della irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative.
Sicché risulta nella specie inapplicabile – conclude la Corte con sentenza n. 15287 del 25 luglio 2016 – lo ius superveniens introdotto dalla citata Legge 247/2012.
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