E’ stata confermata, dalla Cassazione, la decisione con cui le Commissioni tributarie, di primo e secondo grado, avevano annullato degli avvisi di accertamento relativi ad IRES, IRAP e IVA notificati ad una Srl.
I giudici di merito avevano rilevato che gli atti impositivi impugnati dalla contribuente, sottoscritti dal funzionario dell’Ufficio finanziario in data anteriore alla scadenza del termine di 60 giorni di cui all’art. 12, comma 7, Legge n. 212/2000, fossero illegittimi, anche se notificati successivamente alla scadenza di tale termine. Rispetto ad essi, inoltre, era stato ritenuto che non ricorressero le specifiche ragioni di urgenza che consentissero di derogare al termine appena menzionato.
L’Agenzia delle Entrate si era rivolta alla Suprema corte, denunciando la violazione e falsa applicazione della normativa di riferimento e deducendo che gli atti di accertamento, appartenendo alla categoria degli atti recettizi, non produrrebbero effetto se non dal momento della notifica: il termine di sessanta giorni, quindi, non avrebbe potuto che riferirsi al periodo di tempo intercorrente tra la notifica del processo verbale di constatazione e la notifica dell’atto di accertamento.
In ogni caso, secondo la ricorrente erano sussistenti, nel caso in esame, i presupposti di particolare e motivata urgenza che legittimavano l’emanazione dell’atto impositivo prima della decorrenza del termine dilatorio.
Con ordinanza n. 20711 del 30 settembre 2020, la Corte di cassazione ha fatto chiarezza sull’intera vicenda.
Ha in primo luogo ricordato come, in tema di accertamento, l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario d’ufficio prima della scadenza del termine di cui al menzionato art. 12, ancorché notificato successivamente, sia illegittimo.
Questo, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità: la norma di riferimento tende a garantire il contraddittorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri.
La notificazione, in tale contesto, integra una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato.
Gli Ermellini, a seguire, hanno sottolineato l’infondatezza anche della censura inerente la sussistenza di ragioni di urgenza tali da giustificare l’inosservanza del termine dilatorio.
Era corretto, sul punto, quanto concluso dalla CTR, nell’escludere che l’elevato ammontare dei tributi evasi e l’asserito, ma non provato, pericolo di perdita correlato al ritardo integrassero il requisito della particolare e motivata urgenza, esonerativo, come detto, dell’osservanza del termine dilatorio.
Sul punto, la Corte ha precisato come sarebbe stato necessario, per l’Amministrazione, dimostrare e motivare che la protrazione dei tempi dell’accertamento ed il loro giungere alla imminente scadenza, fosse dipeso da fattori non imputabili, perché indipendenti dalla sua azione e potestà, così da imporsi la notificazione ante tempus.
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