Assenza post rapina Fuori comporto

Pubblicato il 01 novembre 2016

Deve dirsi illegittimo il licenziamento intimato al dipendente di una Asl, per superamento del periodo di comporto, se le ore di assenza per malattia in eccesso siano dovute ai postumi di una rapina subita nel luogo di lavoro.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, respingendo il ricorso di una Asl datrice di lavoro, secondo la quale non poteva essere ricondotta a causa di servizio un’aggressione posta in essere da terzi per motivi estranei all'attività lavorativa del dipendente.  

Rapina prevedibile Datore adotti mezzi di sicurezza

Invero, secondo il Supremo Collegio - respingendo detta censura - nel caso di lavoratori esposti a rischio rapina (come nella specie), l’osservanza del generico obbligo di sicurezza x art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro l’adozione delle correlative misure di sicurezza c.d. “innominate”. Sicché incombe sullo stesso, ai fini della prova liberatoria correlata alla qualificazione della diligenza ritenuta esigibile, l’onere di far risultare l’adozione di comportamenti specifici che, pur non dettati dalla legge o da altra fonte equiparabile, siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, nonché dagli standards di sicurezza normalmente osservati.

Il citato art. 2087 c.c. rende dunque necessario l’apprestamento di adeguati mezzi di tutela dell’integrità psico fisica del lavoratori nei confronti dell’attività criminosa di terzi, nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro, sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione di somme di denaro, nonché di plurime reiterazioni di rapine in un determinato arco temporale.

Nel caso di specie la Cassazione ha evidenziato come al datore di lavoro fosse ben nota la pericolosità dei locali ove era adibito il dipendente e la facilità di accesso da parte di terzi estranei. Ciò nonostante, nessuna misura idonea a scongiurare il ripetersi di fatti criminosi (già frequenti in passato) era stata adottata dalla Asl, per assicurare l’incolumità del personale soprattutto in orario notturno. Ciò detto, la Corte, con sentenza n. 21901 del 28 ottobre 2016, ha ravvisato profili di colpa del datore e confermato la non computabilità, nel periodo di comporto, delle assenze successive all'evento traumatico.

 

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