Date le numerose richieste di chiarimenti pervenute in tema di assegni sociali di cui all’art. 3, comma 6, della L. n. 335/95, l’Inps ha provveduto, con la circolare n. 131 del 12 dicembre 2022, a fornire le precisazioni relative ai requisiti occorrenti per il riconoscimento degli stessi.
L’assegno sociale spetta ai seguenti soggetti, a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale:
cittadini italiani residenti abitualmente in Italia che abbiano compiuto 67 anni e abbiano redditi di importo inferiore ai limiti previsti dalla legge n. 335/95;
cittadini dell’Unione europea ed extracomunitari e loro familiari;
cittadini della Repubblica di San Marino;
cittadini stranieri o apolidi che siano rifugiati politici, o in regime di protezione sussidiaria, e coniugi ricongiunti;
cittadini extracomunitari titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo;
cittadini svizzeri e dello Spazio Economico Europeo.
Su parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, l’Istituto precisa che le assenze dello straniero dal territorio nazionale non interrompono la durata del periodo decennale se inferiori a sei mesi consecutivi e non superino complessivamente dieci mesi nel quinquennio.
Suddividendo quindi il decennio in due periodi quinquennali consecutivi, e verificando le ipotesi interruttive della continuità del soggiorno del richiedente l’assegno sociale per ogni singolo quinquennio, l’Inps chiarisce che:
nel caso in cui l’assenza dal territorio italiano sia pari o superiore a sei mesi continuativi, calcolati all’interno del singolo quinquennio, il computo del periodo di soggiorno in Italia si interrompe con l’ultimo giorno di presenza e riprenderà dal primo giorno di presenza sul territorio nazionale successivo a tale interruzione;
nel caso, invece, di assenze complessivamente superiori a dieci mesi nell’arco di cinque anni, l’interruzione della continuità del soggiorno parte dal primo giorno successivo al decimo mese di assenza nel quinquennio e ripartirà dalla prima data utile di presenza in Italia successiva all’interruzione.
Non interrompono la continuità del periodo, anche se superiori a sei mesi continuativi o a dieci mesi complessivi nell’arco di ciascun quinquennio, le assenze per necessità di adempiere agli obblighi militari, per gravi e documentati motivi di salute ovvero per altri motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, formazione professionale o distacco per motivi di lavoro all’estero.
La dimostrazione del requisito di dieci anni di permanenza continuativa e legale in Italia spetta al richiedente la prestazione e può avvenire con autocertificazione, da verificare da parte delle strutture territoriali Inps attraverso l’acquisizione del certificato storico di residenza.
Se dalla visura storica anagrafica si rilevasse la presenza di periodi di assenza all’interno dei dieci anni o discontinuità nelle date, verrà richiesta all’interessato ogni ulteriore documentazione utile.
In caso di documentazione insufficiente, l’attività di verifica può essere integrata mediante la consultazione degli archivi dell’Istituto, di altra documentazione oltre a quella allegata o dei dati provenienti dall’Anagrafe comunale, fermo restando che comunque il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo costituisce elemento probatorio del soggiorno legale continuativo in Italia per cinque anni. Pertanto, qualora sussista continuità delle date di rilascio di due permessi di soggiorno di lungo periodo, il requisito del soggiorno legale e continuativo di dieci anni deve ritenersi soddisfatto.
Relativamente alle dichiarazioni dei redditi posseduti all’estero, che devono essere rese per il riconoscimento dell’assegno sociale, l’Istituto precisa quanto segue:
per le domande presentate da cittadini aventi la cittadinanza in uno dei Paesi inclusi nell’elenco allegato al D.M. 21 ottobre 2019 del Ministro del Lavoro, il reddito da patrimonio immobiliare e/o gli altri redditi non certificabili devono essere documentati attraverso una certificazione rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero;
per le domande presentate da cittadini aventi la cittadinanza di Paesi non inclusi nell’elenco di cui sopra, i redditi relativi ai beni immobili sono autocertificabili, mentre gli altri devono essere documentati attraverso la certificazione rilasciata dal Paese di provenienza qualora rientrino nelle ipotesi individuate dall’articolo 3, commi 2 e 3, del D.p.r. n. 445/2000.
La maggiorazione riconosciuta dall’art. 70, comma 1, della L. n. 388/2000 spetta ai titolari dell’assegno sociale nelle seguenti modalità:
età inferiore a 75 anni: aumento dell’assegno sociale di euro 12,92 per 13 mensilità;
età pari o superiore a 75 anni: aumento dell’assegno sociale di euro 20,66 per 13 mensilità.
La maggiorazione viene incrementata ogni anno per coloro che hanno 70 anni di età, e l’età viene ridotta di un anno per ogni cinque anni di contribuzione, fino ad un massimo di cinque anni prendendo in considerazione tutta la contribuzione, a condizione che non abbia dato luogo a un trattamento pensionistico.
La maggiorazione e l’incremento sono concessi d’ufficio dal mese successivo al perfezionamento dei requisiti e, come per la prestazione principale, a tale scopo devono essere considerati i redditi di qualsiasi natura, compresi quelli esenti da imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva, sia personali sia dell’eventuale coniuge o unito civilmente, ad eccezione dei seguenti:
reddito della casa di abitazione;
reddito delle pensioni di guerra;
indennizzo in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati;
indennità di accompagnamento;
importo aggiuntivo di 154,94 euro previsto dal comma 7 dell’articolo 70 della legge n. 388/2000;
trattamenti di famiglia;
sussidi economici erogati da Enti pubblici, che non abbiano carattere di continuità.
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