Nella pubblica udienza del 10 aprile 2018, le Sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno discusso la causa relativa alla questione sul criterio di riconoscimento dell’assegno di divorzio. La causa è stata poi trattenuta in decisione.
Si ricorda che la questione in oggetto era stata sollevata dall’allora primo Presidente, Giovanni Canzio, per sollecitare un intervento chiarificatore sul riconoscimento dell’assegno divorzile e il relativo criterio, alla luce della innovativa sentenza n. 11504/2017, resa dalla Prima sezione civile della Cassazione, che aveva sancito l’allontanamento rispetto al consolidato orientamento che vedeva come parametro solitamente impiegato per la determinazione dell’assegno, quello del “tenore di vita” tenuto dal coniuge in costanza di matrimonio, in favore del differente presupposto dell’”indipendenza economica” o “autoresponsabilità”.
Il giudice – era stato affermato - chiamato a decidere circa la spettanza o meno dell’assegno (c.d. fase dell’an debeatur), è tenuto a verificare se il coniuge richiedente (onerato della relativa prova) sia effettivamente sprovvisto di mezzi adeguati e se sia impossibilitato a procurarseli per ragioni oggettive: solo in caso affermativo, andrebbe accordato l’assegno divorzile.
Sentenza, questa, che ha determinato un rilevante mutamento interpretativo, produttivo, come prevedibile, di un effetto “domino” su svariati casi sottoposti all’esame di legittimità; un mutamento di così particolare importanza che – per come evidenziato da diversi giuristi – avrebbe meritato un fondamentale passaggio alle Sezioni Unite.
Da segnalare che nella requisitoria tenuta dal sostituto procuratore della Corte di cassazione, Marcello Matera, lo stesso ha invitato alla moderazione e a continuare a considerare, accanto al criterio dell’autosufficienza, anche il parametro del tenore di vita goduto durante il matrimonio, insieme agli altri criteri stabiliti dalla legge quali la durata del matrimonio, l’apporto del coniuge al patrimonio familiare.
In ogni caso – ha affermato – è necessario che, per ogni singolo giudizio, si proceda ad una valutazione delle peculiarità del caso concreto “perché l’adozione di un unico principio di giudizio, come quello stabilito dalla sentenza Grilli corre il rischio di favorire una sorta di giustizia di classe”.
Si resta in attesa del deposito della decisione delle Sezioni Unite e delle relative motivazioni.
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