Prendendo spunto da un provvedimento giudiziale con il quale un notaio è stato delegato al compimento dell’attività di apposizione dei sigilli, il Notariato ha messo a punto un nuovo studio, il n. 516-2017/C, teso a verificare la legittimità di una siffatta delega e, ove ritenuta legittima, ad esaminare l’eventuale attività che il notaio sarebbe tenuto a compiere.
Nello studio “Apposizione dei sigilli e delega al notaio”, approvato dal Gruppo di studio sulle Esecuzioni Immobiliari e Attività Delegate il 23 ottobre 2017, si procede, quindi, con l’esame del procedimento di apposizione dei sigilli nelle sue due fasi di verifica dei presupposti (di competenza del giudice) e di “sigillazione”, analizzando le disposizioni normative di riferimento, le norme di carattere più generale e procedendo anche con una valutazione di ordine sistematico.
Alla luce di questa disamina, i notai giungono a ritenere che sussistano tutte le condizioni per affermare la delegabilità al notaio, da parte del giudice, della particolare attività di materiale apposizione dei sigilli, attività che - a detta degli autori dello studio - sarebbe espressione “del ruolo del notaio quale interlocutore privilegiato del giudice ove sussistano spazi di operatività per il ricorso alla delega di attività giurisdizionali”.
Nella specie, la sigillazione si sostanzia nella chiusura dei locali o contenitori in cui si trovano i beni mobili da conservare, mediante l’applicazione di un segno distintivo, con lo scopo di impedire la sottrazione attraverso l’effrazione, oltre che di consentirne l’identificazione.
Di seguito, l’elaborato si sofferma sull’esame delle problematiche e dei limiti che attengono all’attività che dovrà compiere il notaio delegato.
In primo luogo, viene sottolineato come il notaio che proceda all’apposizione dei sigilli debba provvedere alla conservazione delle carte importanti che rinviene, formandone, ovvero, un involto che sigilla e sottoscrive con indicati il giorno e l’ora in cui prenderà gli opportuni provvedimenti. Se, inoltre, sono presenti beni non sigillabili, il notaio dovrà descriverli nel verbale.
Viene, quindi, evidenziato che per parte della dottrina, ai fini della conservazione delle cose sigillate, è il notaio che deve nominare un custode, il quale, in segno di accettazione dell’incarico, dovrà poi intervenire all’atto e sottoscriverlo.
Segnalato, a seguire, il contrasto dottrinale esistente in merito al potere del notaio di aprire porte e rimuovere gli ostacoli durante l’attività di sigillazione.
Per un primo orientamento, è facoltà del notaio quella di far aprire le porte e di rimuovere gli ostacoli che si possono frapporre nella sua attività; altra lettura, ritiene, invece, che competa al pretore (attualmente al tribunale) ordinare l’apertura delle porte e dare gli altri provvedimenti opportuni in caso di porte chiuse od ostacoli, o altre difficoltà. Il notaio, in questo frangente, dovrebbe astenersi dal prendere qualsiasi decisione e rimettere le parti innanzi al magistrato competente, facendo constare il tutto nel verbale.
Ed è quest’ultima interpretazione che, secondo lo studio, “sembra trovare un significativo riscontro nella previsione di cui all’art. 755 c.p.c.”.
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