Cosa accade se il termine per proporre appello cade in un giorno prefestivo diverso dal sabato? Quale regime giuridico si applica?
Alle domande ha dato risposta la Corte di cassazione con ordinanza n. 17280 del 16 giugno 2023, pronunciata nell'ambito di un giudizio promosso da un lavoratore al fine di veder accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con un professionista.
A seguito della decisione di primo grado di accoglimento della predetta domanda, quest'ultimo aveva avanzato ricorso in appello, dichiarato, tuttavia, inammissibile perché tardivo, in quanto proposto oltre il termine di decadenza di sei mesi previsto dall'art. 327 c.p.c.
Da qui il ricorso per cassazione del professionista, che aveva lamentato la violazione dell'art. 155, comma 5 c.p.c. in relazione all'art. 12 delle disposizioni preliminari al c.c..
Dato che il termine lungo era scaduto il giorno prima di un giorno festivo (l'Epifania), il ricorrente assumeva che la norma di cui all'art. 155 richiamato, con cui il legislatore estende al sabato la disciplina del termine cadente in giorno festivo, andasse applicato a tutti i giorni prefestivi e, quindi, anche al giorno in parola.
Doglianza, questa, giudicata infondata dalla Suprema corte.
Dopo aver richiamato il contenuto dell'articolo citato, la Cassazione ha evidenziato come dall'interpretazione sistematica dei relativi commi si evinca che il legislatore consideri, in via di principio, la giornata del sabato come lavorativa.
Ciononostante - e in via di eccezione - lo stesso legislatore esclude tale giorno dal computo del termine solamente per il compimento di atti processuali fuori dell'udienza.
Si tratta, tuttavia, di una disposizione eccezionale, non suscettibile di interpretazione estensiva e di applicazione analogica.
Dopo la novella del 2005 - si legge nel testo della decisione - il sabato è rimasto comunque giorno lavorativo ad ogni effetto, ad eccezione del compimento di atti processuali "fuori dell'udienza", per i quali è stato eccezionalmente equiparato al giorno festivo.
Contrariamente all'assunto del ricorrente, quindi, il termine "sabato" utilizzato dal legislatore non equivale a "giorno prefestivo".
Va infatti escluso che la ragione alla base della norma sia quella di dettare un regime generale per i giorni prefestivi, vale a dire per qualunque giorno che cada subito prima di uno festivo.
La ratio legis, per contro, è quella di limitare il compimento di atti processuali fuori dell'udienza a cinque giorni alla settimana.
Per la Sezione lavoro della Cassazione, in definitiva, il termine cadente di venerdì va rispettato, a nulla rilevando il fatto - del tutto occasionale - che il sabato successivo sia un giorno festivo.
Il ricorso del professionista, ciò posto, è stato rigettato.
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