Il Consiglio dei Ministri ha approvato in prima lettura il decreto legislativo che recepisce la direttiva UE 2015/849 sulle misure volte a contrastare il riciclaggio dei proventi di attività criminose e il finanziamento del terrorismo.
Lo schema di decreto legislativo (AC 389), di attuazione della direttiva comunitaria, è stato così depositato il 25 febbraio alla Camera e assegnato alle Commissioni Giustizia e Finanze, che devono esprimere il loro parere entro il prossimo 6 aprile; analogo parere è atteso anche dalle Commissioni Bilancio e Politiche della Ue.
Nel provvedimento si sottolinea che i destinatari della normativa antiriciclaggio sono le persone fisiche e giuridiche che operano in campo finanziario o che hanno disponibilità di denaro, i quali sono tenuti a determinati obblighi informativi nei confronti dell’Unità di informazione finanziaria, che effettua l’analisi delle operazioni sospette e smista i dati agli altri soggetti, deputati al controllo dei flussi finanziari per finalità di terrorismo e antimafia (per esempio: la Direzione investiva antimafia, il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza, il Comitato di sicurezza finanziaria presso il Ministero dell’economia e delle finanze).
Viene istituito il Registro dei titolari effettivi di persone giuridiche e trust, con la finalità di accrescere la trasparenza e di fornire alle autorità strumenti efficaci per la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.
Viene disegnato un sistema sanzionatorio basato su misure effettive, proporzionate e dissuasive, da applicare alle persone fisiche e alle persone giuridiche direttamente responsabili della violazione delle disposizioni dettate in funzione di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
Nel corso del suo iter parlamentare, il decreto legislativo antiriciclaggio ha accolto parzialmente i suggerimenti e le richieste delle varie categorie professionali, che si dicono “parzialmente” soddisfatte dei risultati raggiunti in termini di minori adempimenti, più trasparenza e un migliore sistema sanzionatorio.
Proprio dal confronto con le categorie professionali - che si è svolto lo scorso 15 febbraio e che ha visto la partecipazione del MEF e dei tecnici della Giustizia, del presidente Cndcec e di quello dei Comitato unitario delle professioni e del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, oltre che dei rappresentanti di avvocati e notai - sono emerse le richieste che in parte sono già entrate nel decreto di attuazione.
In particolare, il presidente Cndcec, Massimo Miani, ha riferito che i commercialisti hanno accolto con favore le modifiche apportate al testo, commentando come: “l’abolizione del registro antiriciclaggio e l’eliminazione degli obblighi di registrazione vanno nella direzione della semplificazione da noi auspicata, così come il ripristino dell’esonero dalla adeguata verifica per le attività di redazione e trasmissione delle dichiarazioni fiscali. Riteniamo giusto far sentire ancora la nostra voce nel prosieguo dell’iter legislativo del decreto, al fine di vedere accolte anche le altre richieste formulate in sede di risposta alla consultazione pubblica”.
Per quanto riguarda i consulenti del lavoro, la presidente Calderone si dice soddisfatta del fatto che tra le novità del provvedimento vi è stata l'eliminazione degli obblighi di adeguata verifica della clientela in relazione allo svolgimento dell’attività di sola redazione e trasmissione delle dichiarazioni dei redditi e degli adempimenti di amministrazione del personale, come la compilazione delle buste paga.
Molto importanti anche le modifiche al sistema sanzionatorio; infatti sono stati rivisti i minimi ed i massimi edittali previsti per le pene amministrative. Le misure saranno così "effettive, proporzionate e dissuasive" ed applicabili alle persone fisiche e giuridiche direttamente responsabili della violazione delle disposizioni.
In tal modo è stata accolta la richiesta dei consulenti del lavoro che auspicavano sanzioni che “ci devono essere e pesanti solo nei casi di acclarata partecipazione al reato; non certo per penalizzare chi invece collabora correttamente”.
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