Anagrafe tributaria. Il Fisco controlla i conti correnti dei contribuenti

Pubblicato il 23 gennaio 2012 Il Dl “salva Italia” ha introdotto una relazione a doppio binario tra gli studi di settore e le indagini finanziarie. Scopo della nuova operatività a carico dell’agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza - disciplinata dall’articolo 10 del decreto n. 201/2011 - è costituire un deterrente per i contribuenti che dichiarano compensi inferiori a quelli previsti da Gerico, sottoponendoli a controlli sempre più selettivi e, allo stesso tempo, supportare le risultanze degli studi di settore, ormai definitivamente considerate come semplici elementi indiziari.

Così, dal 1° gennaio scorso è entrato in vigore il nuovo corso dei controlli da studi di settore che impone l’obbligo agli operatori finanziari di comunicare, oltre che i dati concernenti l’instaurazione, la cessazione e la modifica dei rapporti finanziari, anche quelli utili ai fini del controllo fiscale, tra cui anche gli importi delle operazioni. L'obbligo, infatti, impone agli operatori finanziari di comunicare periodicamente all’Anagrafe tributaria tutte le movimentazioni concernenti i rapporti finanziari intrattenuti con i contribuenti, come gli importi delle movimentazioni nei conti e tutte le operazioni fuori conto (si vedano cambio valuta estera, cambio assegni, richieste di bonifici per contanti) ad esclusione dei pagamenti con bollettini di conto corrente postale inferiori ai 1500 euro.

Pertanto, ai fini di arginare il fenomeno dell’evasione fiscale, dal 1° gennaio 2012 l’estratto conto viene inviato, in duplice copia, al titolare del conto e al Fisco, che in questo modo potrà utilizzare le informazioni sui rapporti finanziari per selezionare i contribuenti da sottoporre a verifiche e controlli, evidenziando casi di discrepanze tra i redditi e i volumi d’affari dichiarati e le risorse economiche effettivamente detenute dai contribuenti.

I controlli sulla posizione finanziaria dei contribuenti scattano, così, a monte e non necessitano di alcun “contatto” da parte dell’agenzia delle Entrate e lo stesso contribuente riceve notizia delle verifiche effettuate solo al momento dell’avvio del contraddittorio, nel caso in cui decida di accettare l’invito a comparire prima che venga inoltrato l’eventuale successivo avviso di accertamento da studi di settore.

Per tali ragioni, i tempi del contraddittorio dovranno essere ampliati, dovendo il contribuente giustificare quanto rilevato d’ufficio, senza pregiudicarne l’operato. Solo accettando l’invito al contraddittorio, il contribuente potrà venire a conoscenza degli esiti del controllo avviato nei suoi confronti e conoscere anche il risultato che l’attività di indagine sui rapporti finanziari e sulle relative movimentazioni ha prodotto.

Nell’ipotesi in cui l’invito non viene accettato, al contribuente sarà notificato l’avviso di accertamento contenente la pretesa tributaria. Il contribuente che non si è accordato con l’ufficio, potrà impugnare l’atto entro 60 giorni e, sempre entro 60 giorni, potrà versare all’Erario il terzo delle maggiori imposte dovute, in virtù del nuovo regime di esecutività degli atti impositivi. Nel caso in cui il contribuente non onori il pagamento entro il termine di presentazione del ricorso, la sua posizione verrà affidata ad Equitalia, una volta decorsi altri 30 giorni senza che sia stato effettuato alcun pagamento.

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