La norma di comportamento Aidc n. 201 confuta quanto indicato dell'agenzia delle Entrate, con la risoluzione 124/2017, sul trattamento fiscale applicabile in caso di rinuncia al TFM (trattamento di fine mandato) da parte degli amministratori.
La posizione Aidc viene dalla lettura dell'articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del Tuir, per cui il presupposto impositivo in capo all'amministratore, anche con riguardo al Tfm, è individuato nell'effettiva percezione.
L'imposizione è al momento della percezione.
L'Aidc ritiene che dalla mera remissione della posizione debitoria non può conseguire, di per sé e automaticamente, la presunzione di incasso degli importi rinunciati, che si determina solo se si realizza un incremento patrimoniale o reddituale oggettivamente riconoscibile e fiscalmente riconosciuto.
Dunque, la rinuncia al credito per Tfm da parte dell'amministratore/socio non comporta alcuna automatica tassazione in capo allo stesso, in assenza di un concreto arricchimento patrimoniale o reddituale oggettivamente riconoscibile e fiscalmente riconosciuto (si legge nel documento), cioè in assenza di percezione monetaria o di percezione indiretta sotto forma di qualsiasi altro beneficio (“presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’articolo 6”, art. 1 del TUIR).
L'Aidc spiega che non sussiste, nell'ipotesi, alcun salto d'imposta, anche se la società ha dedotto le quote accantonate e poi le ha rimesse:
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