Agricoltura fuori dai “minimi”
Pubblicato il 07 febbraio 2008
Ricordiamo che la recente circolare 7/E chiarisce l’inquadramento delle attività agricole (tra le quali deve rientrare – come emerge da una risposta dell’Amministrazione finanziaria durante Telefisco 2008 – la coltivazione per conto terzi) e di quelle professionali e d’impresa esercitate da agricoltori persone fisiche, risolvendo tre ordini di problemi nel settore agricolo: se l’attività rientra nel reddito agrario, il regime dei “minimi” non è mai applicabile, anche se ai fini Iva il produttore agricolo ha esercitato l’opzione per il regime ordinario. Perciò, ai fini delle dirette, tali attività sono tassate secondo il reddito agrario; in presenza di esercizio di più attività, per le quali si applica naturalmente il regime della contabilità separata (articolo 36 del Dpr 633/72), il nuovo regime dei contribuenti “minimi” opera sulle attività non agricole; anche la partecipazione in una società semplice che rientra nel reddito agrario non è di ostacolo all’applicazione del regime dei “minimi”, come invece avviene per le partecipazioni in altre società di persone. La circolare non convince nell’interpretazione sulle attività svolte da un’impresa agricola che ai fini delle dirette rientri nel reddito d’impresa, pur forfetariamente determinato. In questi casi, recita, se per l’attività agricola il produttore agricolo ha rinunciato al regime speciale Iva, trascina nel regime dei “minimi” le altre attività agricole che rientrano nel reddito d’impresa. A parere dell’autore Tosoni, occorre invece verificare se l’attività gode di un proprio regime Iva speciale e solo la rinuncia fa scattare il regime dei “minimi”.