E' stata cassata, dalla Suprema corte, la decisione con cui la CTR aveva accolto le ragioni di una contribuente e dichiarato non dovuta la maggiore imposta di registro, le sanzioni e gli interessi, richiesti dall'Amministrazione finanziaria a seguito della ritenuta decadenza dall'agevolazione "prima casa", per avere la stessa trasferito il bene acquistato nei cinque anni successivi senza adibire ad abitazione principale l'immobile comperato entro l'anno successivo.
Secondo la Commissione regionale, la contribuente poteva mantenere il beneficio fiscale in quanto l'acquisto effettuato dopo la rivendita infraquinquennale aveva comunque riguardato un bene posto nel comune in cui svolgeva il proprio lavoro.
Contro tale statuizione aveva avanzato ricorso l'Agenzia delle entrate, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1, nota II bis, comma 4, della Tariffa, Parte Prima, allegata al DPR n. 131/1986, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.
Doglianza, questa, accolta dalla Corte di cassazione che, nel testo dell’ordinanza n. 18939 del 5 luglio 2021, ha enunciato apposito principio di diritto.
In tema di agevolazioni fiscali per l'acquisto della “prima casa” – si legge nella decisione - la decadenza dal beneficio a seguito dell'alienazione infraquinquennale dell'immobile è esclusa solo in caso di successivo acquisto, entro un anno dall'alienazione, di un altro immobile adibito ad abitazione principale.
A tal fine, è priva di rilievo la circostanza che, nel comune in cui quest'immobile è ubicato, l'acquirente eserciti la propria attività lavorativa: tale evenienza è invero considerata dall'art. 1, nota II bis, della Tariffa, solo per la concessione del beneficio, e non anche per impedirne la decadenza.
Si tratta, infatti, di disposizioni che, riguardando agevolazioni, “devono essere di stretta interpretazione”.
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