Nelle richiesta avanzata dal padre di affido esclusivo della figlia minore – che da tempo risiede con la madre negli Stati Uniti - non è competente il giudice italiano, in ragione del criterio di residenza abituale del minore.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, in ordine ad una vicenda ove un padre chiedeva al Tribunale di Roma, in modifica delle condizioni di separazione dalla moglie già omologate dallo stesso Tribunale, l’affido in via esclusiva della figlia ed una nuova disciplina del diritto di visita. Senonché la madre eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice romano, facendo presente che la figlia viveva ormai da tempo con lei negli Stati Uniti.
Il criterio di attribuzione della giurisdizione, afferma la Corte Suprema, si fonda in tal caso sulla c.d. “vicinanza” al minore, nell'interesse superiore di quest’ultimo. Criterio di pregnanza tale, per cui non assume alcun rilievo la circostanza – addotta dal padre – che la giurisdizione individuata in sede di separazione, riverbererebbe la sua efficacia anche nel giudizio di revisione (stante tra l’altro l’autonomia dei due giudizi).
Oltretutto la domanda di revisione, sia pur prospettata come modifica delle condizioni di separazione, è unicamente rivolta all'affidamento della minore al padre. Si verte, pertanto, esclusivamente in materia di responsabilità genitoriale in un caso ove la figlia minore, che possiede sia la cittadinanza italiana che americana, da tempo risiede abitualmente negli Usa.
Occorre dunque far riferimento, ai fini del riparto della giurisdizione e della individuazione della legge applicabile, alla residenza abituale del minore, anche nel caso in cui, come nella specie, la stessa si radichi in un paese extra europeo. Il parametro della residenza abituale – concludono le Sezioni Unite con ordinanza n. 13912 del 5 giugno 2017 - è posto a salvaguardia della continuità affettivo – relazionale del minore e non contrasta, anzi valorizza, la preminenza dell’interesse di quest’ultimo.
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